Per tutti, prima o poi, arriva un momento nella vita in cui la realtà smette di sembrare un gioco. Ma per alcuni, quella scoperta arriva troppo presto, troppo duramente. Da bambini. Quando l’innocenza è troppa per dover accettare certi drammi.
E questa pellicola, disponibile in streaming su Netflix, ti trascina in quel momento con la delicatezza di un sussurro e la forza di una ferita. Due bambini si incontrano ai margini dell’orrore, senza sapere che la loro fragile esistenza è l’unica luce in un mondo che ha dimenticato cosa significhi essere umani.
Ci sono film che non si dimenticano perché raccontano la Storia attraverso lo sguardo di chi non dovrebbe mai vederla. Parliamo del drammatico del 2008 “Il bambino con il pigiama a righe” (“The Boy in the Striped Pyjamas”), diretto da Mark Herman e tratto dall’omonimo romanzo tradotto in oltre 50 lingue di John Boyne.
Una parabola di amicizia e innocenza ambientata nel cuore del nazismo, che parla direttamente al cuore dello spettatore, al di là di ogni epoca o ideologia. Un film «estremamente toccante. Anche importante» per James Christopher del The Times; «commovente e ben raccontato» per il Washington Times, che nel mondo ha incassato circa 44.083.403 dollari a fronte di un budget di circa 13 milioni di dollari.
E gradito su Google con una percentuale del 94%, su Rotten Tomatoes con un 65% e su IMDb con un punteggio di 7,7/10. La vicenda narrata è quella di Bruno, figlio di un ufficiale tedesco trasferito insieme alla famiglia accanto a un misterioso campo circondato da recinzioni e soldati.
Dalla finestra della sua stanza, il bambino vede un luogo che non capisce, popolato da uomini e bambini vestiti con “pigiami a righe”. La sua curiosità lo porta a incontrare Shmuel, un coetaneo ebreo prigioniero dietro il filo spinato. Tra i due nasce un’amicizia fragile, fatta di sguardi, di giochi improvvisati e di domande che gli adulti non vogliono ascoltare.
Bruno non sa cosa sia quel posto e Shmuel non ha più parole per spiegarlo. Ma nel loro incontro c’è tutto ciò che il mondo esterno ha dimenticato: la capacità di vedere l’altro come un essere umano, non come un nemico. Herman costruisce un racconto sobrio, lontano da ogni retorica. La sua regia è composta, quasi invisibile, ma capace di restituire la tensione e la poesia di un mondo sull’orlo dell’abisso.
La fotografia fa la sua parte nel darti un’impressione visiva desaturata e malinconica, che accompagna la narrazione con toni delicati, mentre la colonna sonora di James Horner amplifica la dimensione emotiva del racconto, oscillando tra dolcezza e tragedia.
Le interpretazioni dei giovani attori, Asa Butterfield, che sarà poi protagonista in “Sex Education” e “Hugo Cabret”, e Jack Scanlon, sono straordinarie nella loro naturalezza. Attraverso i loro occhi, potrai assistere al crollo dell’illusione infantile e alla nascita improvvisa della consapevolezza: il male non è un concetto astratto, ma un gesto, un silenzio, una porta che si chiude.
Questo intenso drammatico su Netflix non mostra la violenza in modo diretto; la suggerisce, la lascia vivere nei vuoti, negli sguardi, nei gesti mancati. Ed è proprio questa scelta a renderlo ancora più devastante. Il film diventa così una fiaba nera, dove la purezza dei bambini si scontra con la cecità morale degli adulti. Il finale, sconvolgente, è un colpo al cuore.
Ma non cerca lo shock: cerca la tua riflessione. Ti ricorda che ogni muro, ogni confine, ogni divisione creata dagli uomini ha un prezzo. E quel prezzo, troppo spesso, lo pagano solo gli innocenti. In un’epoca in cui la memoria storica rischia di svanire, “Il bambino con il pigiama a righe” resta quindi un monito dolce e terribile.
Un’opera eterna che parla di empatia, di innocenza e di quanto sia fragile il confine tra il bene e il male.