Sarebbe stata costretta a lavorare senza contratto, in un piccolo bar della zona pedemontana della provincia, con turni di lavoro fino 18 ore al giorno – da mattina presto fino a notte fonda in pratica – e costretta poi a dormire su un divano nella cucina dello stesso locale e sorvegliata 24 ore su 24 da una telecamera. Senza contratto, senza stipendio, senza la libertà di essere una persona. È una storia inquietante quella che arriva da un paese del Chietino e sulla quale i carabinieri del Nucleo ispettorato lavoro stanno indagando, come riporta l’Agi.

Le indagini, coordinate dalla procura distrettuale dell’Aquila, si riferiscono a un presunto caso di riduzione e mantenimento in schiavitù.

Un quadro sconcertante che vede vittima una barista in condizione di fragilità: sarebbe stata ridotta in schiavitù dalla stessa titolare dell’attività commerciale, che paradossalmente l’avrebbe poi nominata amministratrice di una società fittizia legata all’attività commerciale. Titolare che ora è stata denunciata con l’accusa di aver costruito un sistema di sfruttamento assoluto, metodico, finalizzato a trasformare un rapporto di lavoro in una condizione analoga alla schiavitù.  

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