Fantasia fu per Walt Disney uno dei flop economici più dolorosi all’inizio, per poco assieme a Pinocchio non lo portò al fallimento. Ma, come capitato al film dedicato al personaggio di Collodi, anche Fantasia poi si sarebbe rivelato nel corso degli anni capace di portare enormi profitti. Ma prima di tutto, ancora oggi a 85 anni di distanza rimane con ogni probabilità il più grande film d’animazione mai realizzato nella storia, un capolavoro che ancora oggi lascia a bocca aperta.

Un opera simbolo di una rivoluzione del cinema

A pensarci oggi, è un miracolo che Fantasia sia stato concepito, prodotto e infine distribuito così come lo conosciamo da 85 anni. Walt Disney era ancora agli inizi del consolidamento della sua creatura, era diventato famoso per i suoi corti e serie animate. Grande successo avevano avuto le sue Sinfonie allegre, 75 storie che nell’arco di un decennio, dal 1929 al 1939, consolidarono la sua fama di intrattenitore per l’infanzia e in cui per la prima volta i personaggi animati erano accompagnati da famosi pezzi di musica classica. Fu un piccolo ma decisivo step creativo per il mondo dell’animazione, che incontrò un successo di pubblico clamoroso. Poi arrivò Biancaneve e i sette nani, e tutto cambiò, per sempre. In quel 1937 quel lungometraggio portò una marea di soldi e un plauso unanime a Walt Disney, che da quel momento decise che il grande schermo doveva essere la priorità. Fantasia nacque però inizialmente per cercare di mantenere la popolarità di Topolino, con un corto animato che avesse “L’Apprendista Stregone” di Paul Dukas come colonna sonora.

Disney coinvolse nell’operazione Leopold Stokowski, uno dei più grandi direttori d’orchestra del mondo, a quel tempo stabile a Filadelfia, che si definì entusiasta del progetto, tanto da offrirsi di lavorare gratis. Stokowski ottenne da Disney un’orchestra al completo, ma in breve tempo, apparve chiaro che non si poteva più parlare di un corto, i costi di produzione sarebbero stati troppo alti e i profitti troppo bassi, bisognava creare un film, fare uno step decisivo. Quella decisione, aprì la strada ad una nuova concezione dell’animazione, del cinema, con cui si introdusse non solo il concetto di antologia animata, un insieme di episodi legati non dalla trama ma dalla semantica, ma anche l’idea che la componente sonora non fosse un mero accompagnamento passivo. Fantasia fu un progetto folle, rischiosissimo per l’epoca. Non c’era nulla o quasi che potesse fungere da precedente, e per registrare suoni e musiche si utilizzò il Fantasound, un nuovo sistema di registrazione del suono che permettesse di dare una sensazione di contemporaneità al pubblico in sala.

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Walt Disney si sarebbe poi visto costretto a fornire i cinema di impianti adeguati, qualcosa che fece lievitare i costi, già elevatissimi perché pagava ogni musicista e professionista coinvolto di tasca sua. All’epoca, Disney doveva seguire la nascita di Pinocchio e Bambi, il che rese necessario la compartimentazione della produzione. Ogni team doveva sviluppare indipendentemente trame, personaggi, animazioni sulla base delle tracce musicali selezionate da Deems Taylor, compositore e critico musicale molto stimato da Disney. Ogni episodio ebbe un’estetica, una sceneggiatura e un’atmosfera differenti, così come erano differenti le tracce musicali selezionate. Si trattò di un lavoro incessante, faticosissimo. Disney rifiutò diverse stesure e proposte, prese e cacciò collaboratori a raffica, fu un work in progress costante, con più di mille tra animatori, tecnici, attori coinvolti. Il risultato finale fu un film che esplorava ogni possibile dimensione espressiva dell’animazione, da quella più “normale”, fino a quelle più colte, elevate, collegandosi a correnti artistiche di epoche diverse.

L’elenco finale degli episodi fu frutto di compromessi, di un lavoro in cui Taylor, Stokowski, Walt Disney ed i suoi collaboratori dovettero cercare un equilibrio tra arte e intrattenimento, sperimentazione e necessità di dare al pubblico qualcosa che fosse accessibile. Questo a dispetto di quanto Fantasia alla fin fine, sarebbe diventato un perfetto esempio di contaminazione colta, con diversi segmenti frutto di profonde ricerche a livello scientifico, storico e culturale, nonché di una volontà di rendere i personaggi animati dotati di una maggior personalità, proprio grazie alla musica. Alla fine, le tracce scelte furono il già citato pezzo di Dukas, Toccata e fuga in Re minore di Johann Sebastian Bach, Lo schiaccianoci di Tchaikovsky, La sagra della primavera di Stravinskij, la Pastorale di Beethoven, Danza delle ore di Amilcare Ponchielli, **Una notte sul Monte Calvo **di Musorgskij e l’Ave Maria di Franz Schubert. Quale titolo dare? Fantasia fu scelto perché evocativo, omnicomprensivo, facile da comprendere, ma soprattutto coerente con l’anima stessa del progetto.

L’eredità di un atto di libertà artistica assoluto

Fantasia uscì in sala con poca fiducia da parte della RKO, la Major che si occupava della distribuzione, che lo considerava inadatto al grande pubblico e arrivò a tagliare venti minuti buoni del montaggio iniziale. Quando però il film fu mostrato a Broadway per la prima volta, quel 13 novembre del 1940, apparve chiaro che Walt Disney aveva fatto centro. Inizialmente pensato per una distribuzione limitata, Fantasia spopolò, superò persino Via col vento in termini di numero di proiezioni. Tutta l’America voleva vedere quel film, ed era disposta a file di ore nelle più grandi città per riuscirci. Allora cosa trasformò questo trionfo, anche di critica, con la stampa che per una volta ci azzeccò e parlò di “rivoluzione della settima arte”, in un flop economico? Gli elevatissimi costi di post-produzione, ma soprattutto la seconda guerra mondiale. Gli incassi dall’estero avrebbero fatto la differenza, ma il mondo era ormai dominato dal massacro su larga scala, l’Europa schiacciata dallo stivale nazista. Fu nel dopoguerra che Fantasia, ridistribuito in diverse occasioni, sarebbe infine diventato capace di generare un profitto altissimo.