La novità di Teams (in arrivo nel 2026) solleva diversi dubbi sulla privacy dei lavoratori: il rischio d’abuso della «sorveglianza digitale» in nome dell’efficienza produttiva è dietro l’angolo

La nuova funzionalità introdotta da Microsoft Teams, in arrivo nel gennaio 2026, ha tutta l’aria di essere un richiamo a quel controllo dalle tinte distopiche che abbiamo conosciuto nel Grande Fratello di George Orwell: dal momento in cui verrà effettivamente distribuita, i datori di lavoro avranno la facoltà di sapere se un determinato dipendente si trovi in ufficio o meno.

Il mezzo con cui Microsoft Teams sarebbe in grado di risalire a tale informazione è in realtà assai semplice e meno «futuristico» di quanto si pensi: nel caso in cui il dipendente si connetta con il proprio dispositivo ad una rete wifi aziendale registrata, comparirà infatti un’apposita etichetta che indicherebbe lo stato «In ufficio», o qualcosa di simile scelto a discrezione della specifica azienda.



















































Fortunatamente i lavoratori possono tirare un – leggero – sospiro di sollievo, dal momento che sembrerebbe (almeno per ora) che la novità si limiti «solo» a questo aspetto: la compagnia non ha fatto riferimento ad alcun sistema di rilevazione Gps, dati IP, o geolocalizzazione in tempo reale dell’utente che farà uso della piattaforma. Nessun tracciamento continuo in stile Mappa di Instagram, tanto per intenderci.

Microsoft corre ai ripari in tal senso, e mette le mani avanti per evitare eventuali allarmismi e polemiche: a detta sua, la futura funzionalità avrebbe come unico scopo quello di aumentare e migliorare l’organizzazione logistica tra colleghi dello stesso team di lavoro, per la pianificazione di eventuali riunioni in ufficio o da remoto. 

Secondo quanto dichiarato da Microsoft, la funzionalità sarà disattivata di default: spetterà dunque all’amministratore (rappresentato verosimilmente dal datore di lavoro) attivarla o meno, anche in base alle policy della propria compagnia. 

L’aggiornamento di Microsoft Teams verrà distribuito prossimamente sui principali sistemi operativi, rispettivamente Windows e macOS, nonostante l’azienda di Redmond non abbia ancora menzionato una data d’uscita precisa.

La produttività si paga con la privacy?

Il caso Teams rappresenta però solo un minuscolo granello di sabbia all’interno di una problematica ben evidente che sta coinvolgendo sempre più il mondo del lavoro di oggi: il proliferare dello smart working a seguito della pandemia di Covid-19 ha portato con sè una maggior esigenza di controllo e «sorveglianza digitale» da parte dei datori di lavoro nei confronti dei loro diretti dipendenti. Da qui allo scadere nell’abuso, poi, il passo è breve. 

Senza andare troppo indietro nel tempo, nel 2024 Amazon France ha ricevuto una sanzione da 34 milioni di euro a seguito di politiche di sorveglianza decisamente invasive per i suoi magazzinieri, che comprendevano la raccolta dati dagli scanner utilizzati dai dipendenti per la registrazione dei prodotti e dei pacchi da spedire, il monitoraggio dei loro tempi di inattività e molti altri parametri strettamente personali che farebbero impallidire anche i romanzi più distopici. 

Cinque anni fa in Germania, la filiale di Norimberga della celebre catena d’abbigliamento H&M si è trovata a pagare una multa da 35 milioni di euro per aver archiviato informazioni e dati sensibili della vita privata dei suoi dipendenti. 

È così che la privacy del lavoratore viene meno, a favore della produttività: in tempi recenti, già numerose aziende hanno messo a punto software (alcuni li chiamano «bossware») in grado di monitorare pericolosamente ogni attività digitale dei dipendenti, dallo spostamento del cursore del mouse fino alla cattura a cadenza periodica di screenshot della propria schermata desktop, alla stregua di un qualsiasi episodio della serie televisiva Black Mirror

Sotto l’apparente «scudo» del miglioramento dell’efficienza aziendale e organizzativa, poi, diverse piattaforme di lavoro come Slack, Google Workspace e affini stanno progressivamente introducendo nuovi strumenti di intelligenza artificiale per controllare in maniera scrupolosa i lavoratori, grazie all’analisi di metadati in grado di scandagliare ogni loro routine o interazione nel dettaglio.

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13 novembre 2025