Si celebra oggi, 14 novembre, la Giornata mondiale del diabete, una malattia cronica caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue. Con l’occasione, si terrà in serata un evento pubblico intitolato “Educazione e stili di vita come cura”, organizzato con il patrocinio di Ausl Romagna, Comune di Rimini e Regione Emilia-Romagna, in programma a partire dalle 19.30 al Palazzo del Turismo.
Il diabete, come si sa, si suddivide in due tipologie: quello di tipo 1, che tende a insorgere durante l’infanzia e adolescenza ed è causato da un’assenza totale di insulina, e il diabete di tipo 2, il più diffuso. In questo secondo caso parliamo di una malattia multifattoriale che tende a presentarsi dopo i 30-40 anni d’età, e che generalmente si configura come insulino-resistenza, ossia una ridotta azione dell’insulina a livello degli organi.
Per approfondire il tema, RiminiToday ha intervistato Raffaella De Giovanni, direttrice dell’unità operativa di Medicina interna dell’ospedale Infermi. Capiamo insieme a lei la diffusione del fenomeno nel territorio di Rimini, evidenziandone peculiarità e aspetti – purtroppo – ancora poco chiari.
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De Giovanni, ci descriverebbe la situazione in provincia di Rimini?
“L‘incidenza del diabete nella nostra provincia si aggira attorno ai 5/6 nuovi casi su mille abitanti, numeri in linea con i dati regionali e provinciali e con quelli nazionali. Il diabete di tipo 2 è di gran lunga il più frequente rispetto agli altri tipi di diabete e rappresenta il 95% della patologia totale. La prevalenza del diabete, invece, varia in base alle fasce di età, raggiungendo il 21% nella popolazione ultra 80enne. La prevalenza media del diabete è compresa tra il 6 e il 10% della popolazione; nella provincia di Rimini, in particolare, si attesta al 7,6%”.
Quali sono i campanelli d’allarme a cui prestare attenzione e come arrivare a una diagnosi precoce?
“Innanzitutto bisogna prestare attenzione allo stile di vita: occhio al peso, al movimento e alla dieta. Sintomi e campanelli di allarme sono il calo ponderale, poliuria (un sintomo comune, causato dall’eccesso di glucosio nel sangue che porta il corpo a cercare di espellerlo attraverso l’urina, ndr) e anche polidipsia (sete eccessiva e persistente). Per una diagnosi precoce occorre sottoporsi periodicamente a esami come il controllo della glicemia ed emoglobina glicata”.
La dottoressa Raffaella De Giovanni
Sembrerebbe che lo stile di vita giochi un ruolo fondamentale…
“È corretto. Lo stile di vita gioca un ruolo centrale nello sviluppo e nella prevenzione del diabete di tipo 2, che è appunto associato a stili di vita non corretti, caratterizzati da una dieta ricca di zuccheri semplici e sedentarietà. Comportamenti, questi, che preludono all’obesità e al diabete”.
Come è cambiato il trattamento del diabete negli ultimi anni?
“Negli ultimi anni il trattamento si è modificato grazie all’introduzione di nuovi farmaci, efficaci sia sui valori della glicemia e protettivi a livello nefro cardiovascolare. Anche la gestione da parte dei clinici è mirata alla valutazione complessiva del rischio, piuttosto che focalizzarsi unicamente sul valore della glicemia. Per il monitoraggio abbiamo a disposizione devices come i sensori che rilevano costantemente la glicemia e permettono un miglior controllo glicemico, strategia di cura più efficace e che migliora il comfort dei pazienti, che grazie a questi dispositivi possono essere monitorati dal Centro diabetologico anche da remoto. Per i diabetici di tipo 1 sono a disposizione microinfusori per la somministrazione di insulina in tempo reale, in base ai valori glicemici rilevati dal sensore”.
Che messaggio vuole lanciare in occasione della Giornata mondiale del diabete a chi non ha mai fatto controlli o pensa di non essere a rischio?
“Che è opportuno ricordare che il diabete di tipo 2 si può prevenire adottando corretti stili di vita, in primis facendo attenzione alla dieta e svolgendo attività fisica. Pertanto, il consiglio è quello di eseguire lo screening per il diabete, in particolare nei casi di: inattività fisica e familiarità per diabete, ipertensione, dislipidemia, diabete gestazionale, malattie cardiovascolari. Per le persone sopra i 45 anni, indipendentemente dai fattori di rischio, i controlli sono da ripetere ogni tre anni, se nella norma”.