di
Matteo Cruccu

Venerdì sera, la prima delle quattro date per la band inglese, con una scaletta onnicomprensiva e un pubblico davvero eterogeneo

DAL NOSTRO INVIATO
BOLOGNA – Mancava solo il tramonto infuocato di otto anni fa in quel di Monza, ma la magia è stata la medesima: i Radiohead di ritorno, alla prima delle quattro date italiane all’Unipol Arena di Bologna, incantano i fan (saranno sessantamila in tutto alla fine) con un concerto compatto e onnicomprensivo della loro oramai oltreché trentennale carriera.

Già, finiti i tempi dell’autoreferenzialità, del rifiuto di sé (vedi negli anni zero dove eliminavano quasi tutti i pezzi noti), Thom Yorke e compagni si concedono e concedono ai fan i brani che hanno riscritto la storia del rock, innervandolo con la rivoluzione elettronica degli anni’90 e portandolo in una nuova dimensione e che hanno identificato la generazione disillusa e senza mete di allora.



















































Perché, come si é visto all’esordio di Madrid, intorno al palco circolare stile U2 o Metallica, la scaletta cambia ogni sera, ma gira attorno a un sole di almeno nove brani che fin qui non sono mancati mai, tra cui il loro brano -manifesto, la loro Day in the Life, Paranoid Android e la pinkfloydiana Weird Fishes/Arpeggi ; le ossessioni ultratecnologiche di Idioteque fino alle sperimentazioni ultime di Ful Stop. Attorno a cui girano pianeti estemporanei ( e splendidi) di serata come No Surprises o Fake Plastic Trees.

E, pur senza dire una parola, la band vola oltre le (numerose) polemiche che hanno preceduto questo tour perché non si sarebbero schierati a sufficienza sul conflitto israelopalestinese. Posto che Thom Yorke ha dichiarato qualche settimana fa al Times che «mai suonerebbe davanti a Netanyahu», dentro l’Unipol Arena puoi trovare ragazzi con la kefia come il piemontese Marco («non é sempre obbligatorio schierarsi») o la israeliana Dana venuta qui apposta da laggiù («non necessariamente rappresentiamo il nostro governo»).

E, insieme a loro e a tutti gli altri, Yorke danza come un forsennato sul palco, mentre Jonny Greenwood lancia fulmini dalla sua chitarra, scatola magica sempre ricca di invenzioni. Rilassati, divertiti quasi, niente affatto mesti come li si é voluti dipingere negli anni. 

E forse anche per questo motivo nella galassia Radiohead 2025 non c’e più spazio per «Creep», la fenomenologia dell’underdog, la canzone che li lanciò nell’iperspazio e che hanno da tempo rinnegato. Quello che invece non hanno fatto con Karma Police, il brano della consacrazione che chiude il primo atto bolognese: «For a minute there, I Lost myself». Per un minuto mi sono perso. Ma, alla fine, è sempre bello ritrovarsi.

14 novembre 2025 ( modifica il 14 novembre 2025 | 22:52)