Un legame eterno come la città di Roma. Il messaggio delle fan italiane degli Stray Kids non potrebbe essere più dolce — e più vero. Un anno dopo l’incredibile sold out agli I-Days di Milano, che aveva già consacrato il gruppo sudcoreano come una delle band più amate anche in Italia, gli Stray Kids sono tornati nel nostro Paese per chiudere in grande stile il loro tour mondiale. E l’hanno fatto scegliendo la cornice dello Stadio Olimpico, tempio della musica e dello sport, trasformato per l’occasione in una gigantesca cassa armonica pulsante di energia.
L’evento ha avuto un’apertura spettacolare. Sullo schermo principale sono apparse un paio di gigantesche labbra d’argento, che si sono lentamente schiuse per rivelare gli otto membri degli Stray Kids, avvolti in scintillanti costumi metallizzati. Una trovata scenografica audace, surreale e perfettamente in linea con l’estetica del gruppo, che ha immediatamente scatenato un’ovazione assordante: lo stadio è esploso in un grido collettivo, liberatorio e commosso, mentre le prime note di “SKZ Anthem” inauguravano una scaletta ad alta tensione emotiva.
Il concerto si è snodato tra esplosioni visive, effetti speciali, giochi di luce e una presenza scenica che ha dimostrato, una volta di più, perché gli Stray Kids siano tra gli artisti più rilevanti della scena internazionale. Brani come “Thunderous”, “District 9”, “God’s Menu” e “MANIAC” hanno infiammato le tribune, mentre il dance medley centrale — che includeva “Hellevator”, “S-Class”, “Charmer” e altri classici — ha messo in mostra la coesione e la potenza del gruppo sul palco. Ogni coreografia era precisa e intensa, ogni momento costruito per lasciare il segno, ma senza mai perdere il contatto umano con il pubblico.
Tra un’esibizione e l’altra, i membri hanno saputo alternare momenti di leggerezza e intensità. Le performance in unit — Han e Felix in “Truman”, Changbin e I.N. in “Burnin’ Tires”, Bang Chan e Hyunjin in “Escape”, Lee Know e Seungmin in “Cinema” — hanno mostrato lati diversi della loro espressività artistica, con arrangiamenti curati e atmosfere intime che hanno dato respiro e profondità alla narrazione sonora della serata.
A rendere la notte ancora più memorabile è stato Bang Chan, che ha conquistato il pubblico parlando in un italiano sorprendentemente sciolto. Dopo essersi presentato con naturalezza, ha scherzato chiedendo: «Mi dai il tuo numero?». La frase del leader degli SKZ non è altro che un richiamo — voluto o forse no — al meme dell’Hongdae Boy che sta spopolando sui social in questi ultimi mesi. Il suo “mi dai il tuo numero” con quell’accento italiano quasi perfetto, ha scatenanto una reazione euforica tra le fan che si sono immediatamente prodigate nella realizzazione di decine di meme con “Channie” come protagonista.
Tra i momenti più toccanti, anche le parole di Lee Know, che si è rivolto al pubblico con una promessa dolce e diretta: «Until the day we stand in front of you all again… you will STAY, right? Promise? Yeahh… promessa». Un dialogo tenero e affettuoso, che ha attraversato le barriere linguistiche per toccare il cuore del pubblico.
Durante l’encore, mentre lo stadio cantava a squarciagola sotto il cielo romano, Seungmin ha impugnato il telefono e ha ripreso l’intera platea, immortalando l’oceano di luci, bandiere e mani alzate. Un gesto spontaneo, ma simbolico: una memoria viva, da portare con sé oltre la fine del tour.
Nel cuore della città eterna, gli Stray Kids hanno offerto molto più di un concerto: hanno celebrato un legame, una comunità globale e un modo di stare al mondo attraverso la musica, l’arte e la vulnerabilità. A Roma, tra le rovine millenarie e le luci del futuro, il gruppo ha scolpito un nuovo pezzo di storia. E se è vero che i re di Roma sono stati sette, ora sono otto. E rispondono al nome di Stray Kids.
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