di
Pietro Tosca
Congresso fondativo del partito lanciato dall’ex parlamentare Grimoldi. Tra gli ospiti anche Calenda
C’erano quelli della prima ora partiti negli anni ‘80 con Umberto Bossi ma anche la generazione dei quarantenni cresciuta con Salvini che poi si è sentita tradita. Una rifondazione leghista variegata e composita che ieri si è ritrovata unita a Treviglio, Bassa Bergamasca, col proposito di rimpossessarsi della fiaccola del federalismo appesa al chiodo dalla svolta sovranista.
Per questo erano in 400 alla giornata di apertura del congresso fondativo del Patto per il Nord, il partito lanciato dall’ex parlamentare Paolo Grimoldi. E quale fosse il sentimento della platea si è capito subito quando a inizio lavori l’ex senatore Giuseppe Leoni tra scrosci di applausi ha sottolineato che «il federalismo non può confondersi con il fascismo». Prendendosela poi con «gli spergiuri che hanno calpestato il prato di Pontida con la mano sul cuore».
Tra i presenti, tanti gli ex amministratori finiti epurati. Ognuno racconta la stessa storia. C’è l’ex consigliere regionale lombarda Monica Mazzoleni di Martinengo che se la prende con «la pioggia di nominati» che l’hanno portata a dare le dimissioni dal partito dopo 25 anni e Lorenzo Olivari, sindaco di Quinzano d’Oglio «buttato fuori nel 2024 per un post in cui lamentavo che non si trovavano soldi per il Nord». Usa lo sberleffo e l’ironia invece Luigi Dossena di Crema, tessera 69 della Lega e inventore dei gazebo, che ieri esponeva le banconote della valuta «Pontida danee» con Salvini e il ponte di Messina. Sicuramente c’è del rancore ma tra i militanti è più forte la rabbia per una storia buttata alle ortiche e il desiderio di riannodarne i fili.
«Non mi riconoscevo più nel movimento – spiega Arianna Bergamini – e anche in cabina elettorale sono arrivata ad annullare il voto». «Ai gazebo – racconta Marco Dolazza – non sapevo più cosa dire alla gente. Le parole d’ordine della Lega erano contrarie a quel che pensavo».
Le parole d’ordine risuonate al congresso invece pescano a piene mani nella storia della Lega e Roma torna di nuovo il simbolo dello stato centralista da combattere. Tutti cavalli di battaglia di Umberto Bossi. L’ex ministro Giancarlo Pagliarini, a cui è toccata poi la relazione finale della giornata, racconta dell’incontro con il fondatore del Carroccio.
«Umberto – racconta – ci ha convocati il 14 gennaio del 2024 al Parco di Monza. Eravamo una ventina di “vecchi amici” e ci ha arringato». «Non siamo né di destra né di sinistra – osserva l’ex senatore della Valtellina Jonny Crosio – ci interessano le cose concrete: l’importante del gatto è che prenda il topo, non il colore».
Uno spostamento che suscita attenzione nello scacchiere politico. Lo si capisce dall’intervento di Marco Rizzo, il leader di Democrazia sovrana popolare che chiede sostegno in Veneto dove è candidato governatore ma è pronto anche a un altro «giro di danza». Rizzo è solo il primo della serie di ospiti politici che oggi sfileranno sul palco: da Carlo Calenda, a Emilio Del Bono, da Benedetto Della Vedova ad Alessandro Sorte. Proprio partendo dalle alleanze tira le somme Paolo Grimoldi che oggi sarà acclamato segretario: «Noi partiamo da soli – chiarisce – ma siamo disposti a ragionare con tutti. Quel che deve essere chiaro è che il Nord è tornato».
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15 novembre 2025 ( modifica il 15 novembre 2025 | 21:53)
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