di
Massimiliano Nerozzi

Maxiaula del tribunale di Torino piena per l’incontro organizzato dalla Camera penale: scambio di battute tra la giudice Panzano (Anm) e i legali

Meglio dirsele, anche con toni e modi dialetticamente aspri, ma sempre con onestà intellettuale, com’è successo ieri pomeriggio (14 novembre), per tre ore: «Allora vada via, sennò vado via io», dice a un certo punto Flavia Panzano, giudice e presidente distrettuale dell’Anm (Associazione nazionale magistrati) al brusio della prima fila di una maxi aula 1 del tribunale di Torino pienotta — «Non si può sentire», aveva contestato l’avvocato Alberto De Sanctis, ex presidente della Camera penale, che poi argomenterà — mentre lei parlava della «suggestione dei giudici che si stendono sui pm, ma allora come si sposa con il 45/50 per cento delle assoluzioni?»; e delle finalità del difensore, «di arrivare alla prescrizione anche». 

Enrico Grosso: «Mi avete invitato a parlare, se me lo permettete»

Poco prima, era toccato al professor Enrico Grosso, avvocato, docente di Diritto costituzionale a Torino e, soprattutto, presidente del comitato per il No al referendum sulla giustizia: «Ragazzi, mi avete invitato a parlare, se me lo permettete», ribatte ai borbottii di sottofondo; anche se poi, stava parlando da venti minuti buoni. Soprattutto, si era soffermato sulla ragione principale del suo no alla riforma, che «ha poco a che fare con la separazione delle carriere»; ma piuttosto lo preoccupa per la «riforma indebolisce la funzione di sorveglianza attiva da parte del Csm» che, al contrario, «la Costituzione ha voluto a presidio dell’effettività dell’autonomia e dell’indipendenza». E qui – aveva argomentato il giurista – «due Csm sono più deboli di uno solo»; oltre al fatto che, «il Csm può effettuare una difesa attiva se ha lo standing costituzionale di quella composizione, con l’elettività che produce prestigio e fa rispondera della funzione che esercita». Per dire, parlando della accuse di Meloni che i giudici bloccano i rimpatri verso il centro in Albania: «I giudici lo fanno perché hanno le spalle coperte, non lo faranno più». Morale: è il sorteggio la grande minaccia.



















































Roberto Capra: «La cultura comune orienta le decisioni»

Padrone di casa l’avvocato Roberto Capra, presidente della Camera penale «Vittorio Chiusano», che ha organizzato l’incontro di studio presto diventato confronto (e meno male) sulla separazione delle carriere: «Non vedo questo rischio del pm superpoliziotto, direi che noi abbiamo più fiducia nei magistrati di quel che avete voi». Applausi. S’infiamma sulla terzietà del giudice: «Perché le ordinanze cautelari sono copia-incolla delle informative della polizia giudiziaria? Non c’è un gip che vada a risentirsi una telefonata fondamentale; e quando c’è un rigetto della misura cautelare ci stupiamo, questo la dice lunga». Gli fa eco il professor Oliviero Mazza, avvocato e ordinario di Procedura penale all’università Bicocca: «Il problema è nella fase delle indagini preliminari, è lì che c’è la differenza, lì ci vuole un giudice terzo e forte. Avete mai visto un diniego alle intercettazioni?». Risponderà, dal pubblico, l’Aggiunto Marco Gianoglio: «Voi non sapete i dinieghi delle intercettazioni perché l’inchiesta viene archiviata e nessuno lo sa».

«La sciatteria di pm e avvocati» 

Altro scambio di battute, abrasive anche: «Pensiamo alle liste testi – accusa Capra – a come a volte il giudice interviene durante gli esami. Poi ci saranno le eccezione, per carità, ma intervengono per la sciatteria del pm». Sottinteso: dandogli, amichevolmente, una mano. Interviene Panzano: «Può anche essere per la sciatteria dell’avvocato». L’aula ribolle. Riprende Mazza, sul sorteggio: «Un magistrato che decide sulla libertà non può esprimersi sulla carriera dei colleghi, che è questione amministrativa?». Altri applausi. Ad ascoltare ci sono appunto tantissimi avvocati, anche giovani, alcuni giudici, pochi pm, un ex, Antonio Rinaudo, in prima fila. Ancora Capra, durissimo: «La cultura comune (di giudici e pm, ndr) orienta le decisioni. E la storia del Csm, che ha dato pessima prova di sé, la conosciamo tutti, con l’uso distorto delle correnti, centri di esercizio del potere». Ribatte Panzano: «Sui Csm c’è chiaramente la parte afflittiva, con un sorteggio puro: prendiamo nel mucchio?». Ancora: «E sui pm sotto l’esecutivo ci sono delle dichiarazioni che non mi lasciano serena. Voi la volete per una questione di principio, ma questa riforma travolte tutta una serie di cose che non dovrebbero preoccupare solo noi». Applauso più forte di quel che si potesse pensare, vista la maggioranza di avvocati in aula.


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15 novembre 2025 ( modifica il 15 novembre 2025 | 12:17)