di Chiara Amati

Direttrice creativa della Maison a soli 29 anni, l’interior designer romana ha rilevato lo storico bar Faustini a Monteverde Vecchio. «Ci facevo colazione da ragazza. Oggi è un bistrot contemporaneo con cucina genuina»

«Mi sono allontanata dai riflettori per un po’: la vita, a volte, presenta prove improvvise e dolorose. La mancanza di mamma, dopo una malattia di quelle che tolgono il fiato, l’angoscia che prende il sopravvento… Mi sono affidata agli affetti più cari: saper chiedere aiuto, ho scoperto, è liberatorio. Oggi? Mi sento un’araba fenice, mossa da passione e curiosità, le migliori terapie».

È energia pura Frida Giannini, stilista romana, classe 1972, ex direttrice creativa di Gucci, ruolo che ha ricoperto a soli 29 anni. Una donna cresciuta a pane e arte, appassionata di architettura, design e cucina. E una stratega, sempre dedita a ogni obiettivo che si prefigge. Incluso quello di prendere uno storico bar romano e farne un Caffè Bistrot – Bixio – nel quartiere di Monteverde Vecchio: «Era il mio posto del cuore, dove ho sempre amato tornare alla fine di ogni viaggio». È in questa parte di Roma, sul lato destro del Tevere sopra una collina di tufo, che Giannini, ora in veste di interior designer, quel bar lo ha trasformato in un bistrot contemporaneo – l’apertura al pubblico proprio oggi -, senza mai spersonalizzarlo. Custodendo, anzi, l’anima del passato.



















































Racconti.
«Un giorno di un paio di anni fa ho ricevuto una telefonata da Mambo, caro amico, figlio di Lucia e Alberto Faustini, dal 1935 proprietari del locale di via Poerio al 21. “Sto vendendo”, mi disse. Ero appena uscita dal dentista, tramortita dall’anestesia. Tempo mezz’ora l’ho raggiunto. Pronti, via: ho rilevato il locale. Al rogito mi sono presentata con una borsa con dentro una bottiglia di champagne e flûte. Tra firme e lacrime, abbiamo brindato tutti».

Che cosa l’ha convinta a farlo?
«Tutto. A Monteverde Vecchio ci si conosce da decenni. I miei nonni si trasferirono qui da Trestevere (come diceva mia nonna trasteverina) e qui  siamo rimasti per generazioni. In questo quartiere ho frequentato le scuole: elementari, medie, liceo. Al mattino, la tappa al bar Faustini era d’obbligo per il cornetto prima di entrare a scuola. Il proprietario, Alberto, caro amico di mio padre, m’incantava con i suoi modi e la capacità di lanciare monete per dare il resto ai clienti, sembrava un giocoliere! Insomma, tanti ricordi, tanti momenti di vita vissuta in un posto dove l’humus familiare e del quartiere è così radicato che senti il dovere di preservarlo. Mai avrei permesso che quel bar, chiuso e magari venduto ad altri, potesse diventare l’ennesimo luogo senz’anima. Poi…».

Cosa?
«… poi tanti aneddoti. Ai tavolini del bar Faustini Pasolini amava passare qualche ora a giocare a carte proprio perché quel luogo era popolare, ma al tempo stesso appartato. Il quartiere ancora oggi è così: a due passi dal centro, ma lontano dal caos. Non è un caso che personaggi della cultura e dello spettacolo lo stanno scegliendo per viverci. Se ci passa, con intenzione, potrà incontrare tra gli altri Nanni Moretti, Giovanni Veronesi, Nicola Piovani, Caparezza… oltre ad accademici e studiosi internazionali».

Lei contribuisce a tenerlo vivo.
«Venerdì abbiamo fatto una serata di “prova” a porte chiuse. Insieme agli amici più cari c’erano altri amici: il fotografo inglese Craig McDean, la top model polacca Malgosia Bela, il produttore e sceneggiatore Pawel Pawlikoski che ha diretto, nel 2018, Cold War, vincitore del premio per la miglior regia al Festival di Cannes. Contaminazioni».

Il bar l’ha chiamato Bixio.
«Omaggio a Gerolamo – detto Nino – uno dei mille a fianco di Garibaldi che oggi ritroviamo tra i busti del vicinissimo colle del Gianicolo. Non è il solo motivo. Disegnando il brand, mi piaceva l’idea di poter giocare graficamente con la X, nelle possibili applicazioni del marchio. Ma, soprattutto, Bixio mi ricorda mamma: lei ha frequentato la scuola di quartiere a lui nominata, la stessa dove ho studiato io e, oggi, mia figlia Greta».

Cosa c’è del vecchio Faustini nel nuovo Bixio?
«L’anima. Ho mantenuto l’idea del caffè di quartiere, con il rito della colazione e, in più, un’offerta gastronomica e di caffetteria ampia e contemporanea. In questa operazione poetica, come mi piace definirla, sono affiancata da Doriana Torriero che, oltre a essere mia cugina , è il direttore d’orchestra di Bixio. La sua esperienza ventennale si applica in tutte le sfumature del bistrot: comunicazione, digital marketing, scelta dei consulenti. Quando è stata condivisa l’identità gastronomica ne sono rimasta ta felice anche perché era vicina alla mia idea da fruitrice: una cucina che si arricchisce grazie alla collaborazione con i banchi del mercato e le botteghe di quartiere, secondo una filiera di prossimità. Colazione, pranzo, cena, merenda, aperitivo: tutto è preparato in maniera genuina dallo chef Dario Pompei».

Quanti coperti?
«Una trentina all’interno, venti nel piccolo dehors. In uno spazio dove nulla è di tendenza per dovere, tutto è pensato con amore. La parte strutturale è di Nadia Braccioni, la mia architetta di fiducia. Gli interni e i colori sono molto personali, fanno parte della mia storia. Ho una passione smodata per le luci. Per Bixio ho scelto grappoli di lampade a sospensione sui tavoli in legno della zona ristorante, applique Trilobo di Venini in vetro di Murano per accompagnare la carta da parati della zona salotto, i cilindri di Viabizzuno sopra al banco bar, un monolite di corten che accoglie i clienti all’ingresso. Qua e là oggetti che arrivano direttamente da casa mia o dei miei genitori, e che ho voluto inserire per non perdere mai l’atmosfera intima e familiare».

Qualche esempio?
«A casa di mamma – sempre a Monteverde Vecchio – ho trovato delle stampe meravigliose di Livia e Pompeius, con cornici autentiche del Settecento. Ora decorano i bagni. Dal mio salotto, invece, ho prelevato le applique di Murano disegnate da Venini. Adesso sono sopra i divani di Bixio. Ecco, quando dico che ci ho messo del mio, intendo proprio questo».

La rinascita dopo anni di silenzio.
«Ho avuto momenti complicati, la malattia di mia madre ha richiesto tutta la mia attenzione ma, mentre lottavo al suo fianco, ne ho approfittato per rallentare e riflettere. Mia madre è stata energia pura. Pensi che il giorno prima di mancare ha partecipato a un’asta per strappare (a quella che poi ha scoperto essere una sua amica nascosta dal nickname) un collier di Givenchy vintage. Lei era così: appassionata, curiosa, brillante, mai paga. Con una sensibilità incredibile per l’arte in tutte le sue sfumature. In particolare la sua ricerca puntava ai gioielli vittoriani. E, nonostante le cinque lauree, è rimasta desiderosa e curiosa di cultura. Oggi vivo un grande vuoto: mi manca tutto di lei».

Cedimenti?
«Chi non li ha?! Ma il pensiero creativo e la voglia di volare ad ali aperte sono, da sempre, la mia terapia».

Chiuda gli occhi e immagini mamma che entra al Bixio. Pensa che le piacerebbe?
«Molto. Apprezzerebbe l’attenzione per il dettaglio, il calore, la convivialità. Amerebbe ritrovare gli oggetti della sua ricerca nella nuova identità di quel locale che conosceva così bene. Sarebbe felice di vedere che anche qui ho applicato la mia caparbia necessità di essere meticolosa, di non trascurare nulla. Di notare che, oltre al lavoro di interior designer, ho scelto tutto e mi sono addirittura occupata personalmente di selezionare la musica che accompagnerà i diversi momenti della giornata».

Cosa le direbbe?
«Questo è per te».

16 novembre 2025 ( modifica il 16 novembre 2025 | 09:26)