di
Sara Gandolfi
Le proiezioni delle Presidenziali. Secondo turno il 14 dicembre. Scontata, secondo i sondaggi, la vittoria della destra in entrambi i rami del Parlamento
Sicurezza, immigrazione, economia e, ovviamente, odio per la «casta». Con questi quattro temi in testa, quasi 16 milioni di cileni erano chiamati ieri alle urne per eleggere il successore del presidente Gabriel Boric, oltre che per rinnovare tutta la Camera (155 deputati) e metà del Senato (25 senatori). Voto obbligatorio con probabile rinvio al secondo turno il 14 dicembre se, come da previsioni, nessun candidato presidenziale otterrà più del 50%. Scontata invece, secondo i sondaggi, la vittoria della destra in entrambi i rami del Parlamento.
Una sfida su cui pesa l’ombra del rinnovato interventismo statunitense in America Latina. A contendersi la massima carica, ben otto candidati. Se la sinistra si è riunita in coalizione (Unidad por Chile) attorno al nome di Jeannette Jara del Partito comunista, 51 anni, fino allo scorso aprile ministra del Lavoro, che le prime proiezioni ieri sera davano in testa attorno al 33%, la destra si è frammentata su quattro candidati principali e c’è grande attesa per capire chi passerà al ballottaggio o, a sorpresa, tenterà il sorpasso.
Nella contesa a destra, le proiezioni alla chiusura dei seggi diffusi dalla tv T13 preannunciavano un testa a testa, con il 20% ciascuno, tra il leader del Partito repubblicano José Antonio Kast, 59 anni, ed Evelyn Matthei, 72, dell’Unione democratica indipendente. Kast, battuto alle ultime elezioni da Boric, è esponente di una destra nostalgica dell’era Pinochet (1973-1990), ma comunque fedele alle istituzioni. Ammiratore di Trump, ieri ha lanciato in extremis un appello all’unità contro la sinistra: «Alla fine saremo tutti d’accordo sul fatto che la continuità non è un bene per il Paese e che il Partito comunista ha un’ideologia molto rigida che non consente a tutte le libertà di svilupparsi». Matthei, ex ministra del Lavoro e già più volte candidata presidenziale, rappresenta invece la destra più tradizionale.
Ben più a destra, l’ultra-libertario e «patriota» Johannes Kaiser, 49 anni, fuoriuscito dal Partito repubblicano di Kast, era dato intorno al 13%. Molti lo hanno associato all’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro per i continui richiami alla fede e ancor più al presidente argentino Javier Milei per gli atteggiamenti da outsider e la fama conquistata fra i giovani via social e YouTube. Nel curriculum, un passato da cameriere, venditore di auto e giornalista sportivo. Questa settimana, Kaiser si è detto favorevole alla grazia per i militari condannati per violazioni dei diritti umani sotto Pinochet, di cui è un fervente ammiratore, e nel comizio di chiusura — di sottofondo l’heavy metal degli AC/DC — ha annunciato: «Perdoneremo gli ufficiali condannati per aver difeso la democrazia», riferendosi alla repressione delle proteste del 2019. Chiudeva la corsa a destra l’italo-americano Parisi, all’11%. Chiunque vinca la sfida a quattro, cercherà di far convergere sul suo nome i voti di tutta la destra, sulla base di un programma liberista condiviso, con profondi tagli al bilancio statale.
Jara, al contrario, ha un programma allineato alle politiche del governo uscente, anche se negli ultimi mesi ha preso le distanze da Boric, il cui indice di popolarità quest’anno non è mai salito sopra il 30%. «Il Cile non sta cadendo a pezzi, è un grande Paese con un grande futuro», ha dichiarato al suo ultimo comizio la candidata di sinistra, che si è detta pronta a lasciare il Partito comunista se verrà eletta presidente. È penalizzata, però, dai suoi trascorsi nel governo, benché da ministra abbia firmato le poche riforme di successo, come l’aumento del salario minimo.
Ben più misero il lascito del presidente Boric, vincitore a sorpresa quattro anni fa sull’onda delle massicce proteste del 2019. All’epoca, sembrava che il Cile fosse destinato a un rinnovamento radicale, ma i tentativi di riscrivere la Costituzione sono naufragati due volte (prima nella versione di sinistra, poi in quella della destra). Nel frattempo, sono emerse ben altre preoccupazioni: la criminalità in forte aumento, in un Paese fino a un decennio fa relativamente tranquillo rispetto ai vicini latino-americani, e l’ondata migratoria dal Venezuela. Oggi, il Cile conta ben 2 milioni di stranieri su una popolazione complessiva di 19 milioni.
Deludente anche la performance economica: nel secondo trimestre del 2025, la crescita è stata del 3,1%,ma il 45% delle famiglie cilene dichiara di avere difficoltà ad arrivare a fine mese e il 72% ha contratto in questi anni qualche forma di debito, mentre la disoccupazione è stabile all’8%. Il Cile è anche uno dei Paesi latino-americani più dipendenti dalla Cina, verso cui si dirige il 40% dell’export.
16 novembre 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA