Dopo attenta considerazione, ho pensato di continuare il viaggio nei GdR che sono stati importanti nella mia formazione da videogiocatore; questo, nello specifico, rappresenta una strana combinazione perché rappresenta al tempo stesso una delle più grandi delusioni e uno dei miei titoli preferiti. Può sembrare strano, vero? Ma in realtà è facilmente spiegabile. All’epoca in cui Neverwinter Nights uscì, venne presentato come l’evoluzione del genere, con una campagna all’altezza di Baldur’s Gate II e la possibilità di “fare il DM online”. Come si fa a non amare una cosa simile?

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Ma andiamo con ordine. Acquistando il gioco al lancio l’unica cosa che si aveva a disposizione era la campagna base: niente moduli, niente espansioni; pur iniziandola con tutto l’entusiasmo che potevo avere, in realtà mi sono ben presto reso conto che ero davanti a qualcosa di dozzinale. Trovare quattro creature, poi altri tre MacGuffin per portare avanti la trama, il tutto con dialoghi, meccaniche di gioco e ambientazioni che in confronto a Baldur’s Gate (il primo) impallidivano.


Gli elfi scuri, o drow, non sono decisamente una razza adatta agli aracnofobi.

Riflettendoci, forse è stato proprio con Neverwinter Nights che è iniziato il mio scarso amore per i giochi online; per me, l’unica spiegazione è che gli sviluppatori si fossero concentrati così tanto nei “tool” per giocare online da trascurare la campagna per giocatore singolo. Era talmente brutta che neanche la completai, abbandonando il titolo e bollandolo come una delusione.

Come una fenice

Poi sono uscite le espansioni, e i moduli, e tutto è cambiato. Partendo dalle espansioni, la prima inizia in modo simile al titolo originale, con la ricerca di vari oggetti per sbloccare il successivo avanzamento narrativo, ma ben presto la trama diventa decisamente più intrigante con sviluppi assolutamente piacevoli e dialoghi scritti decisamente meglio. Shadows of Undrentide, pur non essendo un capolavoro, era un’avventura degna di essere giocata e che, soprattutto, ha aperto le porte a Hordes of the Underdark, la seconda espansione, caratterizzata da una storia epica che porta il giocatore in luoghi interessanti, con una trama entusiasmante, scelte che possono cambiare davvero l’evoluzione della storia e una conclusione epica da standing ovation.

Hordes of the Underdark, ad oggi, è ancora una delle esperienze da gioco di ruolo migliori che esistano, ed è un peccato che non riceva più amore, in modo simile a quanto è successo con Mask of the Betrayer in Neverwinter Nights 2, ma questa è una storia per un altro giorno, sì?


Nelle sue versioni più recenti il motore grafico fa miracoli, per esser vecchio di quasi 25 anni.

Nel corso degli anni, poi, è stata pubblicata un’enorme serie di moduli caratterizzati da trame profonde, entusiasmanti, e a volte valori di produzione quasi pari a quelli delle avventure ufficiali. Mi torna in mente Excrucio Eternum, un modulo con una trama degna de Il sesto senso, con dialoghi integralmente doppiati (bene) invece del solo testo scritto. Altre uscite estremamente interessanti sono state Darkness over Daggerford (che doveva essere un’espansione ufficiale), A Dance with Rogues, Witch’s Wake, o la campagna A Hunt Through the Dark.

Mille e una avventure.

In breve, un gioco che inizialmente avevo considerato paccottiglia era diventato nel corso degli anni una fenice rinata, con contenuti profondi, entusiasmanti, che offrivano centinaia di ore di divertimento. La longevità di Neverwinter Nights è tale che l’ultima espansione ufficiale è in realtà uscita quest’anno, a febbraio: Doom of Icewind Dale, riprende la storia della campagna base espandendola nel grande Nord dei Forgotten Realms.

Lasciando da parte il contenuto narrativo, il regolamento che muove ogni avventura è la versione 3.0 di Dungeons & Dragons, una scelta che, col senno di poi, appare leggermente sfortunata dato che ben presto venne “migliorato” attraverso la versione 3.5 (e in Pathfinder, ma non voglio complicare troppo il discorso). Fatto sta che le regole che muovono Neverwinter Nights sono piuttosto oscure per chiunque non abbia avuto modo di giocare a quell’edizione cartacea, e chi oggi è abituato solo alla versione 5 (o 2024) potrebbe trovarsi spiazzato di fronte alla versatilità e personalizzazione di quegli anni.

Voglio essere chiaro: il sistema di gioco funziona benissimo, l’uso della 3.0 non è un difetto in sé, ma si tratta di un regolamento non invecchiato benissimo. A livello tecnico, dall’uscita ci sono stati alcuni miglioramenti, ma il tempo passato, inevitabilmente, si nota. Un motore grafico vecchio ormai di 25 anni non può essere all’altezza di ciò che si vede ai giorni nostri, ma gli sviluppatori e i modder hanno col tempo adottato dei trucchi che – soprattutto considerata l’età del gioco – permettono piccoli miracoli. Neverwinter Nights è stato uno dei primi esempi di gioco inizialmente deludente e in seguito riemerso a testa alta dalle sue ceneri, la stessa categoria alla quale appartengono No Man’s Sky e Cyberpunk 2077. Posso solo sperare che succeda anche con Bloodlines 2, ma non vorrei finire fuori argomento.

Se si acquista Neverwinter Nights oggi, ciò che si ottiene non è un solo gioco di ruolo, ma decine, con letteralmente centinaia di ore di divertimento. Al prezzo a cui lo si trova mi sembra quasi un acquisto obbligato, ed è disponibile per quasi ogni piattaforma esistente, inclusi smartphone e tablet.