di
Federico Fumagalli
I vecchi depositi saranno mantenuti: un team impegnato nella rilettura del patrimonio per avere 12 sezioni tematiche. «La mostra di Cattelan? L’immagine del garibaldino ha fatto il giro del mondo»
Tra il vecchio e il nuovo passano poche centinaia di metri, un imprecisato — ma non esiguo — numero di mesi e il balzo nel futuro di un’istituzione di arte e cultura, la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, ambiziosa tanto quanto la città che la ospita. Per la Gamec il punto fermo è e sarà (anche negli spazi che il museo si prepara ad occupare, quelli del fu Palazzetto dello Sport di via Pitentino) il direttore Lorenzo Giusti. Toscano, il suo legame con Bergamo è consolidato.
«Ha visto la nostra maglia dell’Atalanta?». Impossibile non notarla, all’ingresso del suo ufficio, personalizzata con la scritta Gamec. Alle spalle della scrivania di Giusti sono appesi invece due scatti urbani bergamaschi, di Gabriele Basilico. Magnifici entrambi.
Direttore Giusti, a quando il trasloco della Gamec dalla sede attuale alla nuova? A sensazione, i tempi potrebbero non essere brevi.
«Si sono di certo accumulati ritardi. Ad esempio, quando c’è stata l’esondazione del Morla, le operazioni di ripristino hanno necessitato di alcune settimane. Così, la consegna degli spazi della nuova Gamec dovrà essere senza dubbio posticipata (si parlava, in origine, della primavera 2026, ndr). A quando con esattezza, ancora non saprei dire. Il cantiere è di competenza degli uffici e dei tecnici comunali, oltre che dell’impresa che sta portando avanti i lavori. Penso che a breve il Comune comunicherà l’entità del ritardo».
Una, pur vaga, tempistica se l’è data?
«L’apertura del nuovo museo entro la fine dell’anno venturo, è inimmaginabile. Si slitterà sicuramente al 2027. Anche inoltrato, direi. Dopo la chiusura, il prossimo gennaio, del ciclo “Pensare come una montagna”, dedicheremo tutto il 2026 al tema dell’education. Ci porremo la domanda: “Qual è, oggi, il ruolo educativo di un museo d’arte contemporanea?”».
Domanda complessa. L’idea di che Gamec sarà, invece, è in via di definizione.
«Ci sta lavorando un gruppo di dodici persone, composto da professionisti, ricercatori, operatori culturali, docenti. Sono tutti impegnati in un’attività di rilettura del patrimonio Gamec. Si tratta di ricchezze che appartengono alla città. Coordinato dalla professoressa Anna Chiara Cimoli, questo nostro progetto si chiama Galassia».
«Galassia», ma i piedi sono ben saldi a terra. La formula espositiva da adottare nella nuova sede è già chiara.
«Ci amplieremo, ma gli spazi dedicati alle collezioni non saranno enormi. Ciò è un bene, perché ci consente di applicare un principio di rotazione. Vorremmo avere un totale di dodici sezioni tematiche, per esporne contemporaneamente sei/otto. Nel tempo ruoteranno, in modo da riuscire a mostrare ciclicamente ai visitatori sempre opere diverse. Il resto finirà nei depositi. Manterremo anche quelli della nostra attuale sede».
Oltre ai depositi che conserveranno la loro funzione, cosa succederà alla “vecchia” Gamec?
«Non sono io a decidere. Sul piatto stanno varie ipotesi. Se, dopo che noi ce ne saremo andati, il luogo mantenesse una funzione culturale, credo andrebbe a tutto vantaggio della definizione di quest’area della città».
Altre zone di Bergamo si stanno aprendo a una riqualificazione artistica. Pensiamo a gres art 671, il museo di Fondazione Pesenti in via San Bernardino. Qual è il suo atteggiamento, nei confronti della concorrenza?
«Credo che in città non ci siano mai state così tante attività culturali, come negli ultimi anni. Bergamo è cresciuta in visibilità. Trovo giusto che questo sviluppo venga certificato, con la messa a punto di un sistema che forse non era mai esistito prima. È un bene ci sia gres art, così come altre simili realtà. Competere, potendo sperimentare senza timore, spesso è più importante che vincere».
Con «Seasons», la grande mostra di Maurizio Cattelan da poco conclusa, Gamec ha vinto?
«I numeri sono stati alti (182.630 visitatori, ndr), anche se si fa fatica a quantificarli in maniera canonica. “Seasons” di Cattelan è stata una mostra dislocata in quattro sedi, di cui due ad accesso gratuito. Più di tutto, rilevante è il dibattito che si è scatenato. Era previsto, mica siamo così ingenui da pensare che un’operazione del genere avrebbe portato soltanto applausi. Ma l’immagine del garibaldino alla Rotonda dei Mille ha fatto il giro del mondo. E con lei, la città di Bergamo».
Dopo l’addio di Gian Piero Gasperini all’Atalanta e il recente arrivo di Raffaele Palladino, tocca a lei — sia pure in altro ambito — portare Bergamo in Europa?
«Gasp è il migliore, ho sofferto per la sua partenza. Purtroppo l’arte ha un livello di popolarità ben diverso, rispetto al calcio. Ma la definizione, nata con Gasperini, “Atalanta regina delle provinciali” sento di poterla fare mia. Anche la Gamec è regina delle provinciali. Per merito di tante persone e di tutti i nostri sostenitori, giochiamo un ruolo prestigioso pure a livello internazionale».
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17 novembre 2025
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