Aaron Sorkin sceneggiò la commedia Il Presidente – Una storia d’amore con Michael Douglas e Annette Bening. Ora che il film compie trent’anni, Sorkin spiega perché quell’America non esista più… e perché difficilmente gli studios oggi approverebbero un’opera del genere.
Trent’anni or sono arrivava al cinema Il Presidente – Una storia d’amore di Rob Reiner, dove Michael Douglas era un Presidente degli Stati Uniti del Partito Democratico, allo scadere del suo primo mandato, con il secondo in bilico, a causa di inattese conseguenze di un’infatuazione per l’avvocata interpretata da Annette Bening: una liaison che i suoi avversari volevano usare contro di lui. Chiacchierando con Rolling Stone, il buon Aaron Sorkin, sceneggiatore di quel film prima di diventare uno dei punti di riferimento della scrittura audiovisiva americana, ha riflettuto su come il film sia proprio legato a quell’epoca. Non sarebbe più proponibile oggi.
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Aaron Sorkin su Il Presidente – Una storia d’amore: “Uno studio oggi non l’approverebbe”
Candidato all’Oscar per le migliori musiche, ma con diverse nomination ai Golden Globe (anche per Michael Douglas e la sceneggiatura di Aaron Sorkin), Il Presidente – Una storia d’amore è una commedia che funziona perfettamente, anche grazie al cast di comprimari intorno a Douglas e Annette Bening: parliamo di Martin Sheen, Michael J. Fox e Richard Dreyfuss, nei panni di un avversario repubblicano. Ma con la politica americana diventata sempre più polarizzante, e un Presidente fuori dai canoni come Donald Trump, oggigiorno un film del genere sarebbe mai finanziato da una major come la Universal? Sorkin ne è convinto: no. E ribadisce il suo stupore per il sostegno cieco a The Donald.
Il Presidente è una commedia romantica, ma le due problematiche politiche al centro della storia erano le armi e l’ambiente, no? Un film così oggi non si farebbe – uno studio non lo accetterebbe – perché direbbero che alienerebbe metà del pubblico potenziale, cosa che non sarebbe accaduta nel 1995. Gli eroi nella storia facevano cose anche se sarebbe costato loro la popolarità, non succede troppo spesso coi politici di professione, di entrambi i partiti. […] Tutto quello che vedo oggi nel Partito Repubblicano è un’inquietante, assurda lealtà verso uno che non se la merita. […] Durante il Covid, mi sono sparato tutti i documentari di Netflix sui culti. E hanno tutti in comune questa stramba, appassionata devozione verso una persona assolutamente insignificante. Io sento che adesso è la nostra condizione. Vedo interviste all’uomo della strada, in cui definisce Donald Trump autentico e onesto, seriamente. Mi viene da dire: “Ma stai scherzando?” La cosa nuova è questa strana devozione, quasi un culto, per l’ultima persona che se lo merireterebbe. L’elettorato è cambiato, io non sono bravo a spiegare cosa sia successo. Forse la sinistra ha fatto impazzire le persone?