La notizia ha fatto presto il giro del mondo. In un’intervista rilasciata qualche giorno fa al britannico The Sun, il cantante Robbie Williams ha espresso il suo timore di perdere definitivamente la vista a causa degli effetti collaterali di un farmaco che sta assumendo per dimagrire. Williams, 51 anni, sta seguendo da tempo una terapia con un GLP-1 a base di semaglutide e ha ammesso che la sua vista adesso sta peggiorando sensibilmente.
Negli ultimi mesi è diventata sempre più offuscata e questo gli sta creando problemi anche sul palco.

Ha avuto difficoltà persino a distinguere i volti delle persone durante i momenti più emozionanti dei suoi spettacoli dal vivo.

Per l’ex star dei Take That, il fatto di parlarne può aiutare a mettere in guardia altri sui possibili effetti collaterali di questi farmaci, oltre a invitare le persone a compiere ricerche approfondite prima di sottoporsi a questa sorta di trattamenti.

Tra i vari effetti collaterali dei farmaci GLP-1 per il dimagrimento, nello specifico semaglutide e tirzepatide, esiste in effetti un rischio seppur raro di ischemia ottica e di cecità. Lo scorso giugno, l’Agenzia Europea del Farmaco, alla luce di nuovi studi, aveva pertanto concluso che la neuropatia ottica ischemica anteriore non arteritica (NAION) – una patologia grave che si manifesta con perdita di vista improvvisa – rappresenta un effetto collaterale «molto raro» dei farmaci a base di semaglutide: una probabilità su 10 mila. L’Agenzia ha quindi richiesto che le etichette dei prodotti, d’ora in avanti, indichino la NAION come rischio documentato.

Per capire come recepire questi dati, e considerare la «gravità» del fenomeno, abbiamo fatto il punto insieme alla professoressa Annamaria Colao, docente ordinaria di Endocrinologia e malattie del metabolismo dell’Università Federico II di Napoli.

Che cosa è emerso, in particolare, dagli studi?
«Per prima cosa, occorre sottolineare che questo rischio oculare è stato dimostrato soprattutto nel paziente diabetico che fa uso di semaglutide. Non abbiamo ancora dei dati definitivi relativi all’uso di tirzepatide, ma trattandosi di un’analoga molecola agonista dei recettori GLP-1 non mi aspetto grosse differenze fra semaglutide e tirzepatide».

Il fenomeno sta preoccupando i medici?
«Il dato che abbiamo è in realtà di una patologia molto rara, i casi più gravi sono attualmente pochissimi. Si assiste, in pratica, a un aumento di fenomeni di neurite ottica, ovvero di una infiammazione del nervo ottico specifico. Il rischio di questa patologia rara, che di fatto esiste già, risulta quasi raddoppiato nei pazienti che fanno uso di semaglutide. D’altra parte, sappiamo che i GL- 1 hanno recettori più o meno ovunque, pertanto è possibile che vi siano anche effetti che al momento non riusciamo davvero a calibrare. Con l’utilizzo, poco alla volta avremo dati sempre più credibili. Ribadisco, però, che non si tratta di un fenomeno frequente, bensì estremamente raro. I numeri sono molto piccoli e peraltro con delle specificità».