Luca Parmitano: siciliano classe 1976, con una laurea in Scienze politiche all’Università Federico II di Napoli e una passione giovanile per il giornalismo che lo porta a compiere il suo primo viaggio terrestre fino in America, diventa poi pilota collaudatore dell’Aeronautica Militare, e soprattutto oggi è astronauta dell’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea. Luca Parmitano: primo italiano della storia ad aver passeggiato fra le stelle durante una missione sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), la vera casa cosmica dell’umanità.
Eppure da piccolo aveva una gran paura del buio. «In casa l’acqua dei rubinetti aveva un pessimo sapore, mentre quella del garage del palazzo arrivava dall’acquedotto dell’Etna ed era buonissima. Quindi bisognava scendere e riempire un bidoncino. Fino agli otto, nove anni, l’idea di andare là sotto da solo, d’inverno, al buio, mi dava i brividi. Però, come Indiana Jones, mi infilavo il cappello e partivo» racconta a Emilio Cozzi in un libro di prossima uscita per Feltrinelli, Camminare tra le stelle.
Guerre stellari
L’istinto dell’esploratore, dunque, lo ha accompagnato fin da subito, ma oggi ammette che se è diventato un astronauta lo deve a suo nonno Salvatore, amante dei libri, e alle vacanze che trascorreva vicino a Enna, che gli antichi romani chiamavano Urbs inexpugnabilis, la città inespugnabile.
Così, quando fra le escursioni nei boschi e le visite furtive ai casali abbandonati, un giorno nonno Salvatore gli fece sfogliare alcune riviste, il piccolo Luca fu catturato da un’immagine che gli cambiò la vita. «Era un poster de L’impero colpisce ancora, il quinto episodio di Guerre stellari. Allora quei film non passavano in televisione, non avevo la più pallida idea di cosa fosse Guerre stellari. Quel poster era un’illustrazione, benzina ancora più potente per la mia fantasia. E, come se non bastasse, accanto all’illustrazione, alcune didascalie descrivevano i protagonisti della storia. Più di tutti mi colpirono Yoda, un maestro Jedi, cioè un istruttore, e poi lui: un ragazzo biondo con il sogno di diventare pilota, per di più con il mio stesso nome: Luke. Luke Skywalker».
Dai Police ai Marines
Adolescente turbolento e curioso di tutto, si fa crescere i capelli e inizia a suonare il basso, sognando i grandi palchi degli U2 e il ritmo travolgente dei Police. Si innamora non ricambiato di Sally, una bella californiana un po’ più grande di lui che però aveva occhi solo per il fratello Antonio Parmitano, parte per l’America e incontra Larry, un marines che gli fa scoprire la bellezza del volo. Tornato in Italia, fa un test per l’Aeronautica Militare, si posiziona ventitreesimo fra i centoquattro ammessi e la sera offre una pizza a tutti.
Da lì decolla la sua carriera, non priva di incidenti. I primi esami vanno malissimo: nel 1995 sale sul primo volo Aermacchi SF-260EA, «un velivolo bellissimo, un po’ la Ferrari dei monomotori a elica» dice Luca, ma non riesce a padroneggiarlo. Il 27 settembre, giorno del suo compleanno, fa un altro tentativo che va anche peggio. Aveva 19 anni, e nessuna voglia di arrendersi.
L’anno successivo viene messo in punizione per aver letto un romanzo, attività proibita in Accademia, ma poi conosce Maurizio Cheli, pilota del Reparto Sperimentale di Volo, appena rientrato da una missione spaziale e ne resta incantato. «L’affabilità di Maurizio Cheli, il suo essere così alla mano – sarà che è di Zocca, come Vasco Rossi, un altro che mi sta istintivamente simpatico – e la sua strepitosa carriera accesero il mio desiderio di emularlo. Non potevo sognare di meglio. Divenne la mia ispirazione.»
La vita tra le stelle: è utile?
«Quando si chiude il tettuccio, il mondo intero e tutti i problemi ‘terrestri’ rimangono fuori. D’improvviso ogni cosa smette di esistere: non sei più un papà, un marito, un lettore, un amante del buon cibo come me. Diventi parte dell’aereo. Quando conosci questa sensazione di armonia con quello che fai, questa sensazione di libertà, non vedi l’ora di riprovarla ancora e ancora.»
L’astronauta rappresenta il sogno vivente di molti bambini e adulti in tutto il mondo, ma alcune domande sono inevitabili. Ad esempio, ha senso spendere così tanti soldi per le missioni spaziali, quando avremmo bisogno di investire ancora tanto sulla Terra? Sì, secondo Parmitano, e proprio perché gli esperimenti in assenza di gravità e le nuove tecnologie spaziali possono aiutare a risolvere anche molti problemi terrestri. «Pensa alle microtelecamere che usi tutti i giorni nel tuo smartphone, per girare video, scattare foto, per raccontare le tue giornate ad amiche e amici: senza il programma Apollo, quello che negli anni sessanta del secolo scorso permise a dodici astronauti americani di camminare sulla Luna, è probabile che alle telecamere miniaturizzate saremmo arrivati molto più tardi. E magari in modo diverso. Te l’immagini girare con un telefono grosso come una valigia?»
Molte altre scoperte oggi ci salvano la vita, dal defibrillatore portatile allo Spinal Ultrasound, una macchina per ecografie della spina dorsale.
Problemi risolvibili: curiosità
Spedire acqua potabile nello spazio è molto costoso, dunque occorre riciclare e riutilizzare i fluidi corporei degli astronauti, dal sudore alla pipì, specialmente per missioni lunghe sulla Luna o verso Marte. Esistono allora sistemi e impianti creati appositamente per questo scopo, e nel 2023 gli astronauti hanno dimostrato di poter riutilizzare fino al 98% di liquidi a bordo. «Il caffè di oggi è il caffè di domani» scherzano nella navicella.
Poiché l’assenza di gravità indebolisce i muscoli bisogna allenarsi, e gli astronauti lo fanno per almeno 2 ore al giorno. Uno degli attrezzi più in voga è il T2, variante spaziale del nostro tapis roulant. Ha una caratteristica curiosa: il piano della corsa è sulla parete che guarda verso la direzione di volo, il che vuol dire che, quando corriamo, il nostro corpo è parallelo alla Terra.
Siccome in assenza di peso i fluidi organici si accumulano nella parte superiore del corpo, quindi anche nella testa, e creano una sorta di sinusite riducendo il senso del gusto, i piatti più gettonati sono quelli più saporiti, con un forte sapore speziato: pare che i cocktail di gamberi e la tortilla spaziale siano molto alti nella classifica di gradimento cosmica.
Si dorme in sacco a pelo, alcuni lo saldano alle pareti, altri lo lasciano fluttuare. Ogni settimana c’è un duty offer, un tuttofare che garantisce il buon funzionamento della vita nella navicella.
Da Jovanotti a Artemis
Nel settembre del 2019, mentre era nel pieno della sua seconda missione, Luca Parmitano un sabato sera si è connesso in diretta con il palco del Jova Beach Party e ha duettato con Lorenzo, cantando per centomila fan una versione riveduta di Non m’annoio. Luca ha dedicato la seconda strofa della canzone proprio allo Spazio: «Quando lo guardi ti può fare paura, ti può inghiottire in una nube oscura, ma la paura è solo una coltre, spazzala via, prova a spingerti oltre, vivi la vita come un’avventura».
E l’avventura non mancherà di certo quando partirà il programma Artemis, forse la più ambiziosa spedizione lunare dell’umanità, che mira a stabilire una presenza umana sostenibile e soprattutto a lungo termine nello spazio. Luca è candidato a partecipare.
E Marte?
Per costruire la Stazione Spaziale Internazionale hanno collaborato la NASA, l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), l’Agenzia Spaziale Canadese (CSA), quella Giapponese (JAXA) e quella Russa (Roscosmos). Dal 1998 al 2021, sono stati costruiti diversi laboratori, e oggi ci viene prospettato un altro traguardo importante: raggiungere Marte. Secondo Elon Musk ci vorranno una decina d’anni, per Luca Parmitano almeno una ventina, ma aggiunge con prudenza: «come abbiamo già imparato, meglio non parlare di tempi e scadenze quando c’è il cosmo di mezzo. Se esiste una cosa certa nell’esplorazione spaziale, è l’incertezza.»
Sul Pianeta rosso c’arriveremo eccome, secondo l’astronauta, ma intanto la vera sfida è un’altra: rimanere per periodi sempre più lunghi nel cosiddetto sistema Terra-Luna. Solo a quel punto potremo procedere verso Marte. «Il bello, però, arriverà più avanti, perché, una volta raggiunto Marte, dovremo ampliare di nuovo le nostre prospettive: oggi siamo in grado di confermare la presenza di pianeti abitabili intorno a quasi tutte le stelle conosciute. Sono miliardi di mondi in cui la vita è possibile, in cui c’è acqua, con un’atmosfera simile alla nostra. E allora credo sia il caso di pensare al futuro.»
L’orso bruno e le figlie
Il problema principale è l’uomo, ammonisce Parmitano, che ad oggi non ha il dna necessario per vivere in ambienti che non siano la Terra. Tralasciando i problemi etici, la genetica è un fattore importante per immaginare una vita piena nel cosmo infinito, ma non è da escludere che si possa raggiungere anche questo adattamento. «Bisognerebbe arrivare ad una evoluzione dell’Homo Sapiens in, chiamiamolo così, Homo Spatialis», scherza l’astronauta, immaginando un essere umano capace di andare ad esempio in letargo come l’orso bruno.
«Per questo motivo, quando mi si chiede della Luna, di Marte, insomma del futuro, il mio pensiero non può che andare alle mie figlie». Sono loro, Sara e Maia, l’immagine di futuro più chiara e forte che ha Luca Parmitano. Due stelle che già brillano nel firmamento.
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