C’era una volta un regno è il titolo del nuovo libro, edito da Einaudi, di Natalia Augias, giornalista corrispondente da Londra per il TG1. Il libro è nato dal desiderio di raccontare un viaggio dentro la storia della monarchia britannica: da Maria la Sanguinaria a Elisabetta I, da Edoardo VIII e Wallis Simpson fino ai giorni nostri. Un modo per capire non solo chi sono i sovrani, ma cosa rappresentano per un popolo intero. «Quando sono arrivata a Londra da corrispondente, la regina Elisabetta era già anziana. Aveva appena celebrato il Giubileo di Platino, a giugno, e appariva come una vecchina minuta, quasi una figura da fiaba, ma con un seguito immenso. Poi, a settembre, la sua morte. È stato un momento che toglieva il fiato. La gente arrivava da ogni parte del Paese, senza distinzione di classe sociale. C’erano persone semplici e celebrità come David Beckham, tutti in fila per ore, in un corteo di circa venti chilometri. Era la rappresentazione di un Paese unito nel dolore, che salutava la sua grande madre. Con Carlo mi sono resa conto di un’altra dimensione: la monarchia può sembrare un anacronismo, certo, è fonte infinita di curiosità e pettegolezzi, ma resta anche una forza politica, non nel senso partitico, ma come punto di unità nazionale», ci spiega l’autrice.
Partiamo dal tema caldo del momento: cosa ne pensa della vicenda di Andrea?
«È una situazione complessa, perché non si tratta solo di un caso giudiziario o mediatico, ma anche di una ferita profonda per la monarchia, che si trova a fare i conti con il proprio passato e con la necessità di mostrarsi credibile e moralmente integra. Re Carlo, in tutto questo, si è mosso con prudenza. Forse ha esitato troppo, per rispetto verso la madre e per il legame affettivo che Elisabetta aveva con il figlio prediletto. Ma a un certo punto non poteva più evitare una decisione netta: era in gioco la reputazione della Corona».
Uno dei capitoli più oscuri della storia della monarchia britannica moderna, è d’accordo?
«Andrea si era legato in modo pericoloso e sgangherato a Jeffrey Epstein, una figura che incarnava la corruzione e la sopraffazione del potere sui più deboli. E poi arrivò l’intervista alla BBC, un disastro comunicativo che è diventato quasi un caso di studio, raccontato poi anche in due serie televisive. In quell’occasione, Andrea apparve completamente inconsapevole della gravità della situazione e del suo ruolo in una vicenda che rappresentava l’arroganza dei privilegiati davanti agli inermi. Il caso Epstein è una storia che intreccia potere, ricatti, politica internazionale e servizi segreti, inclusi quelli russi. Epstein gestiva una rete vastissima, che coinvolgeva figure dell’establishment mondiale. I suoi contatti spaziavano dagli Stati Uniti all’Europa, fino al Messico e all’Est Europa. Ed è lì che entrano in gioco altri elementi: molte delle ragazze provenivano da paesi come la Russia e l’Ucraina, alcune giovanissime, addirittura minorenni (di undici anni anche). Andrea, probabilmente, non è stato solo un “cliente” di Epstein: è stato anche un’esca, un elemento di prestigio».
A quel punto, una separazione netta era inevitabile…
«Con il riaffiorare dello scandalo, le bugie di Andrea e di Sarah Ferguson, e la pressione dell’opinione pubblica, Carlo III non poteva più tacere. Alcuni commentatori inglesi hanno definito questa decisione il “primo mattone del crollo dell’istituzione monarchica”. Io non credo che sia così, ma il modo in cui la Corona ha reagito mostra quanto sia forte la preoccupazione per la sua tenuta».