Il fuoriclasse portoghese era presente all’incontro tra Trump e il principe ereditario saudita. Se il tycoon non è nuovo a legami con il mondo dello sport (è nota la sua amicizia con il presidente Fifa Infantino), l’attaccante non ha mai parlato apertamente di politica. Ma negli ultimi mesi qualcosa è cambiato

Cosa ci fa un celebre calciatore all’incontro tra due dei più importanti leader mondiali? È quello che si sono chiesti in molti oggi, martedì 18 novembre, quando Cristiano Ronaldo ha partecipato a sorpresa al meeting tra Donald Trump e il principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman. Un incontro già di per sé molto rilevante, considerando che si è trattato del primo viaggio negli Stati Uniti del principe ereditario saudita dall’omicidio del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi, che secondo la Cia sarebbe stato ordinato proprio da Bin Salman.

Dal canto suo, Trump non è certo nuovo all’uso dello sport, e del calcio in particolare, per il proprio tornaconto politico. La sua amicizia con il presidente della Fifa Gianni Infantino è molto nota, e già la scorsa estate, durante il Mondiale per Club, Trump aveva ospitato alla Casa Bianca la Juventus, i cui giocatori erano stati costretti a fare da comparse a un suo comizio.

Ma nel caso di Cristiano Ronaldo, sembra sia stato proprio il campione portoghese – e oggi grande testimonial del calcio in Arabia Saudita, dove gioca con i colori dell’Al Nassr – a chiedere di poter incontrare il presidente statunitense. L’attaccante ex di Manchester United, Real Madrid e Juventus non ha mai parlato apertamente di politica nel corso della sua carriera (sebbene da anni circolino online diversi fotomontaggi e notizie fantasiose che gli attribuiscono prese di posizione in favore della Palestina), ma di recente qualcosa è cambiato.

L’attivismo di CR7

Lo scorso giugno, il presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa, connazionale di Ronaldo, ha incontrato Trump e gli ha donato una maglietta della Nazionale portoghese di calcio autografata proprio dall’attaccante, con la dedica: «A Donald J. Trump, giocando per la pace». A inizio novembre, invece, durante un’intervista con il giornalista britannico Piers Morgan, suo grande amico, CR7 aveva definito il presidente americano «una delle persone che possono cambiare o aiutare a cambiare il mondo». Nella stessa intervista, aveva inoltre rivelato che avrebbe voluto incontrare Trump, dicendo di apprezzare gli individui «che possono fare accadere le cose».

Sono dunque bastate solo poche settimane perché Trump decidesse di esaudire il desiderio del calciatore lusitano, che è tornato a mettere piede negli Stati Uniti per la prima volta dall’agosto 2014, quando giocò un’amichevole con il Real Madrid in Michigan. Una lunga assenza, i cui motivi non sono mai stati del tutto chiariti, ma che secondo varie speculazioni sarebbe stata collegata ai timori per eventuali problemi legali.

Nel 2017, la testata tedesca Der Spiegel aveva rivelato che, otto anni prima, Ronaldo era stato accusato per uno stupro a Las Vegas e che l’indagine era stata interrotta dopo che il giocatore aveva pagato una compensazione alla donna che lo aveva denunciato. Nel 2018, poi, quest’ultima aveva riaperto il caso, archiviato infine solo nel 2022 e senza conseguenze per il giocatore.

Obiettivo mondiali

Quali che siano le ragioni che hanno tenuto il portoghese lontano dagli Stati Uniti per undici anni, proprio questa settimana, prima dell’annuncio del suo improvviso viaggio a Washington con Bin Salman, era stato annunciato che il prossimo marzo avrebbe giocato un’amichevole contro gli Usa ad Atlanta. Difficile non vedere un possibile collegamento tra questo fatto e l’incontro con Trump alla Casa Bianca.

In prospettiva, però, c’è anche l’interesse dell’attaccante nell’essere presente la prossima estate ai Mondiali americani, dopo non aver potuto partecipare al Mondiale per Club a causa della mancata qualificazione del suo Al Nassr. A febbraio compirà 41 anni, ma sembra scontato che, per ragioni più d’immagine che tecniche, il Portogallo non potrà fare a meno di lui: indubbiamente, la presenza di Ronaldo alla Coppa del Mondo interessa pure alla Fifa, il cui sponsor principale è lo stato saudita, attraverso il colosso petrolifero Aramco.

In tutto ciò, è possibile allora che la sorprendente svolta “trumpista” di Cristiano Ronaldo degli ultimi mesi sia funzionale proprio al suo atteso ritorno negli Stati Uniti e, in senso più ampio, al ruolo che potrebbe avere dopo la fine del suo contratto con l’Al Nassr, nel giugno 2027. Il campione portoghese dovrebbe infatti diventare a tutti gli effetti un ambasciatore dell’Arabia Saudita nel mondo del calcio internazionale, andando ad assumere un ruolo decisamente più politico, se non proprio di propaganda.

Nel mirino ci sono ovviamente i Mondiali di calcio del 2034, che si terranno proprio nel paese del Golfo.

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