di
Vera Martinella

Disponibile anche in Italia un nuovo medicinale in compresse per i pazienti con una forma molto aggressiva: raddoppia il tempo medio di sopravvivenza

Ogni anno sono circa duemila, in Italia, i nuovi casi di leucemia mieloide acuta, una neoplasia che origina nelle cellule staminali presenti nel midollo osseo e si sviluppa molto rapidamente. Una patologia aggressiva, difficile da combattere anche perché, non di rado, va incontro a una recidiva. E a complicare le cose c’è il fatto che colpisce soprattutto persone anziane (ma può insorgere anche nei bambini e persone più giovani): la maggior parte dei malati, infatti, riceve la diagnosi a un’età compresa fra i 65 e gli 85 anni
È in questo contesto che s’inserisce un nuovo farmaco in compresse (quizartinib), da poco approvato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) e dunque disponibile tramite Sistema sanitario nazionale nel nostro Paese.

Mutazioni genetiche strategiche per decidere la cura

A oggi la terapia più efficace per poter guarire resta il trapianto di midollo da donatore, ma la maggior parte dei malati (anche per via dell’età avanzata) non è candidabile a questa procedura «pesante» da tollerare. Inoltre è fondamentale che la cura venga differenziata in base al tipo di alterazioni molecolari presenti nel singolo caso: per questo è indispensabile che tutti i malati, prima di iniziare una terapia, facciano test genetici e molecolari, molto sofisticati, per identificare in modo rapido e preciso i target per i farmaci da associare al trattamento tradizionale. «Dopo 30 anni in cui era disponibile esclusivamente la chemioterapia, purtroppo solo parzialmente efficace, negli ultimi anni sono arrivate diverse cure innovative che stanno cambiando radicalmente il modo di curare la leucemia mieloide acuta ricorda Roberto Cairoli, direttore dell’Ematologia presso l’Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano e Professore Associato di Ematologia all’Università Milano Bicocca -. Sono state identificate numerose mutazioni genetiche nella leucemia mieloide acuta e questo ci ha aiutato a mettere a punto terapie mirate, a comprendere i meccanismi della malattia e la prognosi dei pazienti. Le mutazioni FLT3-ITD sono sono tra le più comuni, sono presenti in circa il 25-30% dei malati, e il nuovo medicinale è diretto proprio contro questo bersaglio». 
Si tratta, peraltro, di mutazioni che contribuiscono a una prognosi particolarmente sfavorevole, perché indicano un aumento del rischio di recidiva, una scarsa percentuale di risposta alla terapia di salvataggio e un’attesa di sopravvivenza più breve rispetto ai pazienti con leucemia mieloide acuta senza mutazione. 



















































Terapia in tre fasi: induzione, consolidamento, mantenimento

«Ecco perché il nuovo farmaco è prezioso – commenta Adriano Venditti, direttore del Dipartimento di Onco-Ematologia e Professore Ordinario di Ematologia all’Università Tor Vergata di Roma -. Aifa l’ha approvato per trattare questa patologia aggressiva fin dalla prima linea, così da diminuire il rischio (consistente) di ricaduta della malattia: quizartinib ha dimostrato di ridurre il tasso di mortalità e di raddoppiare la sopravvivenza globale mediana». 
Il via libera di Aifa, infatti, è per il trattamento di pazienti adulti con leucemia mieloide acuta FLT3-ITD positiva di nuova diagnosi, in associazione a chemioterapia di induzione standard (a base di citarabina e antraciclina) e chemioterapia di consolidamento standard (a base di citarabina), seguite da quizartinib come monoterapia di mantenimento.  
Qual è l’attuale terapia standard per le persone con questa neoplasia?
Le linee guida prevedono un trattamento diviso in tre fasi: induzione, consolidamento, mantenimento. «Si procede generalmente con una chemioterapia intensiva (ad alte dosi) che punta a ridurre al minimo le cellule leucemiche e raggiungere la remissione completa della malattia (induzione), per poi passare a una terapia di consolidamento o mantenimento, il cui obiettivo è quello di eliminare tutte le cellule tumorali residue e ridurre il rischio di ricadute – dice Venditti -. Se possibile, nei pazienti che raggiungono la remissione completa e che possono sopportarlo, si continua con il trapianto allogenico di cellule staminali. Altrimenti si procede con una terapia di mantenimento». Il trattamento iniziale di induzione e la successiva terapia di consolidamento e mantenimento vengono scelti in base all’età del paziente, al suo stato di salute generale e al rischio della sua specifica neoplasia (citogenetico/molecolare).

Lo studio QuANTUM-First e i bisogni dei malati

Quizartinib si è dimostrato efficace, aggiunto alla chemioterapia, sia in fase iniziale d’induzione sia come mantenimento per un ciclo di 36 mesi
Lo indicano i risultati dello studio QuANTUM-First, pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet, che ha coinvolto 539 pazienti: quizartinib è stato valutato in combinazione con chemioterapia standard di induzione e consolidamento, incluso il trapianto di cellule staminali emopoietiche, e come monoterapia di mantenimento per un massimo di 36 cicli, in pazienti adulti di età compresa tra 18 e 75 anni con leucemia mieloide acuta di nuova diagnosi positiva per la mutazione FLT3-ITD. Quizartinib ha ridotto il rischio di mortalità del 22% rispetto alla sola chemioterapia standard e la sopravvivenza globale mediana è stata di 31,9 mesi per i pazienti trattati con quizartinib rispetto a 15,1 mesi per i pazienti trattati con la sola chemio standard. 
La leucemia mieloide acuta è legata alla moltiplicazione incontrollata di blasti (cellule cancerose di derivazione mieloide) che invadono il midollo osseo, che non è più in grado di funzionare correttamente e, in particolare, di garantire la produzione di cellule del sangue normali. «Questa insufficienza midollare porta all’insorgenza di anemia (affaticamento, pallore, difficoltà a respirare e tachicardia), a una predisposizione alle infezioni (anche gravi) dovuta alla diminuzione dei granulociti neutrofili. Infine, la diminuzione del numero di piastrine (trombocitopenia) può causare emorragie, in particolare a livello della cute e delle mucose. «Il paziente con leucemia mieloide acuta  è spesso anziano e quindi fragile per definizione – conclude Davide Petruzzelli, Presidente dell’Associazione Pazienti La Lampada di Aladino –. La malattia lo debilita ulteriormente provocando una diminuzione della sua qualità di vita, una condizione che condivide con molti altri malati ematologici. È fondamentale garantire un’assistenza globale a questi pazienti, che includa supporto psicologico, nutrizionale e una gestione efficace del follow-up. È necessario inoltre ridurre le disuguaglianze nell’accesso alle cure e promuovere una sinergia tra ospedale e territorio, passando da una logica di prestazione a una di presa in carico».

19 novembre 2025

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