Un corpo costruito da ore in palestra, muscoli per un lottatore capace di trionfare sul ring e di mostrare fragilità nella vita personale. The Smashing Machine di Benny Safdie con un sorprendente Dwayne Johnson racconta la storia del leggendario campione di MMA Mark Kerr. Il film è nei cinema italiani dal 19 novembre con I Wonder Pictures.
Lo sport spiega molto della vita, ci insegna come fronteggiare gli ostacoli e allenarci alla vittoria come alla sconfitta. Torna a raccontarcelo The Smashing Machine, con un piacevole equilibrio fra spettacolarità e introspezione, un film che sta sorprendendo in questa stagione, in cui ha prenotato un posto in prima fila per gli Oscar. La storia vera di un combattente, nello sport come nella vita, che ha vissuto una parabola luminosa, ma poi è stato capace di mettere la vita personale in prima posizione, uno di quei lottatori per cui ogni incontro è una sfida con sé stessi, prima che con l’avversario.
I pugili hanno segnato la storia del cinema, delineando un immaginario indimenticabile, da Rocky a Toro scatenato, applicabile con poche varianti al mondo delle arti marziali miste, come ci racconta The Smashing Machine, uno dei film del cuore allo scorso Festival di Venezia, dove Benny Safdie ha vinto il Leone d’argento per il miglior regista.
Un film in sala dal 19 novembre distribuito da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection in collaborazione con WISE Pictures, in cui Dwayne Johnson torna sul ring, di nuovo come The Rock, forse per l’ultima volta, mettendo a segno colpi veri ripresi con grande spettacolarità in incontri all’ultimo pugno, almeno nella meravigliosa finzione del cinema, ben lontano dalla messa in scena del Wrestling, che l’ha lanciato nel mondo dello spettacolo. 50 milioni di dollari di budget, scene spettacolari di lotta, per un film che vuol raccontare molto oltre rispetto a una parabola sportiva.
È la storia di un pioniere, di un uomo diventato una macchina per distruggere, come suggerisce la traduzione in italiano del titolo, ma anche una macchina di fragilità, in cui il quadrato diventa la prosecuzione di una vita personale segnata da una battaglia intima quotidiana. Mark Kerr, questo il nome del protagonista, sul grande schermo come nella realtà di questa storia vera appassionante, è un uomo come tanti, ha intrapreso una carriera nei primi anni ’90 come lottatore, fino a quando decise di dedicarsi alla MMA, una disciplina all’epoca appena nata e periferica, presa in giro per essere uno sport in cui era tutto permesso, o quasi. La Mixed Martial Arts, l’occasione per lui, wrestler ancora non professionista ma dilettante, di guadagnare qualche soldo su ring poco glamour del Nord America.

Proprio come racconta il film di Benny Safdie, che per l’occasione si prende una licenza in solitario dietro la macchina da presa, dopo aver ottenuto consensi unanimi insieme al fratello Josh grazie a film come Good Time, in concorso a Cannes, e Diamanti grezzi, vincitore di tre Independent Spirit Awards. Newyorkese appassionato di cinema fin da bambino, si decide a studiare la settima arte dopo aver assistito a una lezione dedicata al grande autore italiano Ermanno Olmi. Benny all’università ha creato, insieme al fratello e alcuni amici, il collettivo Red Bucket Films, in cui si è formato realizzando cortometraggi nei quali ha ricoperto i ruoli di regista, sceneggiatore, attore, direttore della fotografia e montatore. Una poliedricità che gli è stata molto utile poi nella sua carriera, in cui si diverte a fare un po’ di tutto.
Safdie si è innamorato della storia vera di un personaggio periferico ma appassionante, un outsider che ha vissuto il suo momento di gloria. Mark Kerr, infatti, all’inizio di The Smashing Machine sta vivendo un percorso di crescita, sembra lanciato nella la sua carriera nella UFC, una sigla all’epoca nata da poco, ancora lontana dal ruolo cruciale che ricopre oggi come di riferimento per il mondo della MMA. Lo vediamo passare da un incontro all’altro, mentre pensa di trasferire il suo talento in Giappone, per guadagnare di più. Ha una relazione complicata con l’amata fidanzata Dawn, interpretata con la consueta bravura da Emily Blunt. Questo gigante di muscoli e fragilità sul ring si nutre della paura dell’avversario, mentre nell’intimità cede a quella di non essere all’altezza, insegue scorciatoie per stare meglio. Si droga.

La grande sorpresa del film di Safdie è lui, Dwayne Johnson, da anni capace di mettere al servizio di commedie e storie d’avventura la sua naturale simpatia da gigante buono. Questo è il ruolo della sua carriera, la sua migliore interpretazione, quella che ha portato un autore come Christopher Nolan a lodarlo così, “incredibile, non credo che vedrete una performance migliore quest’anno o nei prossimi anni”. Quel passo in avanti che cercava da tempo, come conferma la passione struggente con cui ha indossato i panni scomodi di un uomo in costante ricerca di una riabilitazione. Nei confronti della fidanzata, della vita, dello sport e soprattutto di sé stesso. Se sul ring impressiona per la sua potenza, è quando rientra in spogliatoio che ci conquista definitivamente, quando si commuove nei momenti di buio, piangendo di fronte al proprio senso di inadeguatezza. Ci fa venire voglia di abbracciarlo, appena dopo averlo ammirato per la sua potenza in combattimento.
Mark è in lotta con un demone da contenere nel suo corpo gigante, per non sfogarlo su chi ama, tenendolo a bada con ogni mezzo. Un ennesimo Frankenstein, un “mostro” incompreso, dilaniato dalla lotta quotidiana fra corpo e anima, uomo e macchina.
The Smashing Machine: Trailer Ufficiale in Italiano del Film con Dwayne Johnson e Emily Blunt – HD