Dal suo osservatorio privilegiato di direttore del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria Fabrizio Sudano segue con grande attenzione il dibattito scientifico attorno ai Bronzi di Riace che, di recente, ha alimentato nuove ipotesi sia sull’identificazione delle statue sia in merito al loro ritrovamento. «La contesa accademica è prassi arcinota. Non la scopriamo di certo ora con l’ultima querelle sui Bronzi di Riace», esordisce il direttore Sudano. E continua: «Per secoli, archeologi hanno disputato, ad esempio, sulla cronologia di templi, su attribuzioni stilistiche di un vaso a un pittore o a un maestro rispetto a un altro, così come storici dell’arte si sono scontrati su attribuzioni di sculture e pitture a una scuola o a una bottega rispetto a un’altra. Per non parlare dei nostri meravigliosi Bronzi di Riace: prima dell’ultima teoria “siciliana” si registra qualche decina di diverse interpretazioni e, tra gli studiosi che si sono cimentati spiccano indiscussi maestri dell’archeologia italiana ed estera. Possiamo dire con assoluta certezza e con larghissima sicurezza di non essere smentiti che, a oggi, e comprendendo anche l’ultimo studio, nessuna di queste teorie ha avuto la meglio sulle altre o ha soddisfatto in toto la comunità scientifica. Anzi, ognuno ha continuato e continua a tirare dritto per la propria strada non ammettendo critiche o evidenti lacune o inesattezze».
Il Museo come si pone davanti a nuove teorie sui Bronzi?
«Come istituzione museale che questi capolavori assoluti dei Bronzi è deputata a tutelare e valorizzare, che piaccia o meno, siamo chiamati a comunicare al grande pubblico esclusivamente tesi e ricostruzioni storiche che godono di un consenso ampio e condiviso nell’ambito della comunità scientifica internazionale. Il nostro dovere è evitare di alimentare letture premature o non consolidate, garantendo un punto di riferimento serio, autorevole e affidabile. In questo senso, poche sono le certezze fin qui acquisite da carte ufficiali e da procedimenti giudiziali. I Bronzi sono stati scoperti nel 1972 nelle acque antistanti Riace e dal 1982 sono custoditi nel nostro Museo. Questo legame più che cinquantennale ha permesso alla nostra istituzione di sviluppare un percorso continuo di studio, tutela e valorizzazione, sostenuto da una lunga tradizione di ricerca scientifica e da una rete internazionale di specialisti. È anche su queste basi che il Museo fonda il proprio ruolo di riferimento nel racconto storico e nella divulgazione delle conoscenze legate alle statue. Negli ultimi anni abbiamo rafforzato ulteriormente questo impegno».
Qual è lo stato di salute dei Bronzi?
«Lo scorso anno i Bronzi sono stati sottoposti a un importante intervento di restauro e a un check up completo condotto con i più avanzati strumenti diagnostici a disposizione della ricerca scientifica. Queste attività hanno permesso di affinare le conoscenze sul loro stato di conservazione e sulle materie prime impiegate, confermando l’importanza di una manutenzione programmata e basata su rigorosi protocolli scientifici. Al contempo, sono in corso nuove analisi sulle terre di fusione, un campo di ricerca che negli ultimi anni ha acquisito un ruolo centrale, tuttavia spesso non risolutivo, negli studi sulla provenienza dei grandi bronzi antichi. Si tratta di un lavoro che richiede collaborazione, trasparenza e un approccio interdisciplinare: per questo il Museo è aperto al coinvolgimento di enti di ricerca qualificati, italiani e internazionali, affinché ogni risultato sia il frutto di un percorso di confronto ampio e scientificamente robusto. Questo impegno si inserisce in un momento particolarmente significativo per il Museo. Siamo infatti fra i protagonisti del primo grande progetto nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale finanziato dal Pnrr: oltre 12.000 beni del Museo sono stati digitalizzati, e il progetto ha dato vita a una piattaforma condivisa con altri musei archeologici calabresi. Siamo risultati inoltre vincitori di un progetto Pnrr dedicato proprio ai nostri due capolavori dal significativo titolo “Masterpiece Box: Bronzi di Riace a 360°” che contempla l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale alimentata con tutto quanto di scientifico è stato prodotto negli ultimi 52 anni sulle due statue. Sarà un’occasione unica per mettere a disposizione della comunità scientifica e del pubblico un archivio organico, aggiornato e aperto, che raccoglie materiali, studi e dati sulla scoperta, il restauro e l’allestimento».
La storia dei Bronzi, il loro viaggio nel Mediterraneo, le tecniche con cui furono realizzati e le modalità con cui giunsero sul fondo del mare sono temi che continueranno a stimolare la ricerca per molto tempo.
«Finché non saranno disponibili prove solide, frutto di analisi condivise e pubblicate secondo gli standard internazionali, il Museo continuerà a mantenere una posizione cauta e rispettosa del metodo scientifico. Il nostro compito rimane quello di tutelare, studiare e raccontare i Bronzi di Riace con la massima fedeltà alle evidenze. Le statue rappresentano un simbolo identitario fortissimo per la Calabria e un riferimento culturale riconosciuto a livello mondiale. Ogni nuova ricerca potrà contribuire a una conoscenza ancora più completa di queste straordinarie opere e il Museo continuerà a dare spazio a ciò che trova fondamento in evidenze solide e verificabili, nel rispetto del rigore scientifico che da sempre guida la nostra missione. In un contesto spesso attraversato da teorie suggestive e a volte fantasiose, il Museo rappresenta il presidio della verità storica, l’argine tra ricerca e immaginario. Custodire i Bronzi significa anche custodire la correttezza del loro racconto: solo così il patrimonio diventa conoscenza condivisa, non mito manipolabile».