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«I borghi ci salveranno da solitudine e consumismo». La lezione di Franco Arminio, poeta, fotografo e «paesologo»: «Attenti agli 'scoraggiatori militanti'»
AArte e design

«I borghi ci salveranno da solitudine e consumismo». La lezione di Franco Arminio, poeta, fotografo e «paesologo»: «Attenti agli ‘scoraggiatori militanti’»

  • 19 Novembre 2025

di
Francesca Angeleri

Il 19 novembre è ospite di Gallerie d’Italia nell’ambito del ciclo #Inside, con l’appuntamento dal titolo La cura dello sguardo

Una tegola spostata, una macchia di ruggine sul lampione, una finestra. «Cerco sempre il paese, anche in mezzo alla città. Il luogo marginale, dove io stesso mi muovo». Franco Arminio, uno dei poeti più amati di questi ultimi anni, è anche un appassionato fotografo. Famosi — oltre che i suoi libri di grande successo — sono i suoi cortometraggi e documentari, uno in particolare, realizzato insieme a Davide Ferrario, si chiama Nuovo Cinema Paralitico. La fotografia è un ambito importante per la ricerca di Arminio che, qualche anno fa, fece una piccola mostra fotografica a Roma. Oggi alle 18.30 è ospite di Gallerie d’Italia nell’ambito del ciclo #Inside con l’appuntamento dal titolo La cura dello sguardo.

Quali foto presenterà?
«Improvviserò, come sempre nei miei incontri. Io fotografo le presenze: una ragnatela, una bottiglia vuota, pezzi di legno davanti a una porta. Nel loro ordinario diventano straordinarie: è un po’ incantarsi dinanzi a una cosa qualsiasi in un giorno qualsiasi».



















































Lei è considerato quasi un guru, vengono a sentirla sempre centinaia di persone.
«Mi sforzo di far sentire alla gente la percezione di una comunità. La società in cui viviamo ci separa, così consumiamo di più. Siamo soli e compriamo cose».

Poesia e fotografia sono legate?
«Le immagini sono come degli appunti per me. Invece di scrivere una cosa che ho notato, scatto. Presto farò anche un libro in cui le metto insieme. A dicembre farò un’altra mostra a Roma».

Chi sono i fotografi che le piacciono e che stima?
«Sicuramente Gianni Celati, che era anche mio amico, e Luigi Ghirri. Sono stati molto importanti nell’insegnarmi a guardare l’ordinario, la provincia».

Preferisce il bianco e nero o il colore?
«A me piace che ci sia il mondo, dentro. E il mondo è a colori».

Lei si definisce paesologo. Di cosa tratta la paesologia?
«Contrariamente alla paesanologia che si interessa del proprio paese, la paesologia si occupa del presente e del futuro di tutti i paesi. Il paesologo non è uno storico locale. L’idea di base è che i paesi possono avere un futuro, però bisogna ripensarli, assegnare loro nuove funzioni. Non possono vivere di quello di cui vivevano 200 anni fa, cioè di agricoltura. Bisogna trovare per ognuno una chiave che lo trasporti nel futuro: il mondo ha bisogno dei paesi. Il mondo ha bisogno di paesi, campagne, città medie, piccole, grandi… ogni luogo ha una sua funzione in una nazione ben integrata, ognuno fa la sua parte. Bisogna evitare di avere zone troppo popolate ed altre troppo spopolate, in Italia c’è una miopia geografica per cui non si guarda più ai paesi e alle montagne».

Lei vive nella casa di famiglia a Bisaccia, in Irpinia. Cosa le piace ancora del suo luogo natale?
«L’altro giorno sono tornato, e non c’era nessuno. Però era bellissimo. Le nuvole, soprattutto».

Come sono le nuvole a Bisaccia?
«Il cielo è basso, sembra che lo riesci a toccare. E anche le nuvole».

Il paese è il luogo della purezza?
«Nessuno è innocente. Il paese è anche il luogo dell’infiammazione: dove tu sviluppi le tue nevrosi. Le mie sono la malattia e la morte, ad esempio. Il paese è un corpo a corpo con le tue questioni irrisolte, non è un luogo semplice da abitare, non è che ci arrivi e ti riposi. Questo è un falso mito. In paese sei anche fortemente in contatto con la morte, i defunti sono dietro le porte chiuse delle case, c’è la solitudine di chi se n’è andato via».

Quanto è amato nel suo borgo?
«In questi posti, per alcuni, si è anche un problema: se fai tante cose, è come sbattergli in faccia che invece di cose loro non ne fanno mai. Non so davvero se mi amano. Nei paesi c’è una quantità di persone accidiose, io le chiamo scoraggiatori militanti, che non guardano a quelli come me benissimo: rompiamo il fallimento concordato».


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19 novembre 2025 ( modifica il 19 novembre 2025 | 16:54)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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