di
Massimiliano Jattoni Dall’Asén
Secondo i dati Inps 2024 dirigenti e quadri dominano la classifica degli stipendi, mentre operai e apprendisti restano in fondo. Crescono occupazione, intermittenti e manodopera agricola
La fotografia più nitida del lavoro italiano nel 2024 non arriva dal numero degli occupati, né dall’andamento dei settori. Arriva dagli stipendi. E soprattutto da come si distribuiscono. Perché è lì — nella distanza tra la busta paga di un apprendista e quella di un dirigente — che si misura lo stato reale del mercato del lavoro. La nuova classifica Inps delle retribuzioni medie mostra una struttura salariale che non è semplicemente diseguale: è verticale, scandita da gradoni che separano mondi diversi, spesso impermeabili tra loro.
In fondo alla scala gli apprendisti. Poco sopra gli operai
Tenendo presente che la retribuzione media nell’anno (al lordo delle tasse) riportata dall’Inps è calcolata come rapporto tra il monte retributivo dei lavoratori con almeno una giornata retribuita nell’anno e il loro numero (non comprende, dunque, le prestazioni a carico Inps: cassa integrazione, malattia, maternità…), alla base della piramide troviamo gli apprendisti, che con una media annua di circa 14.600 euro restano intrappolati nella fascia più bassa delle retribuzioni, nonostante rappresentino uno dei principali canali d’ingresso nel mondo del lavoro. Poco sopra ci sono gli operai, che raggiungono i 18.200 euro annui: una cifra che fotografa il cuore produttivo del Paese ma anche il suo limite, perché riguarda quasi dieci milioni di persone.
Bisogna attendere l’arrivo degli impiegati, con una media di 27.800 euro, per trovare un vero scarto retributivo. È la prima soglia di accesso a un reddito che consenta una maggiore stabilità economica.

Quadri e dirigenti: una dimensione parallela
Dalla metà della classifica alla cima, i numeri cambiano completamente prospettiva. I quadri sfondano i 72.000 euro annui, mentre i dirigenti toccano in media quota 163.700 euro, una distanza siderale rispetto alla base della piramide. Basta una proporzione: un dirigente guadagna, in un anno, quanto nove operai o undici apprendisti. Non è solo un divario economico: è un’altra traiettoria sociale, un’altra vita. Nel mezzo si colloca la categoria eterogenea di chi rientra sotto la voce «altro», attorno ai 34.000 euro annui: un territorio di passaggio tra il lavoro amministrativo e quello di responsabilità intermedia.
È questa la fotografia da cui partire per leggere l’intero mercato del lavoro italiano: una piramide stretta alla base e larghissima al centro, che si restringe rapidamente verso l’alto.
Un Paese che lavora, ma non sempre con continuità
Una volta compresa l’architettura salariale, i numeri dell’occupazione assumono un significato diverso. Sì, il 2024 segna un aumento degli occupati: 17,7 milioni di lavoratori con almeno una giornata retribuita (+2% sul 2023). Ma quella «giornata è il punto: non tutti lavorano per tutto l’anno.
La retribuzione media annua del settore privato, 24.486 euro, è un dato che pesa meno se si considera che cresce anche la quota di lavoro intermittente e somministrato, forme contrattuali che distribuiscono l’occupazione in modo discontinuo.

Intermittenti: quasi 760 mila persone, ma solo 48 giornate lavorate
Gli intermittenti sono 758.699 (+4,9%). Lavorano in media 48 giorni all’anno e portano a casa 2.648 euro. Più della metà sono impiegati in settori come turismo e ristorazione, dove la stagionalità detta legge. È il gradino più basso della stabilità, quello che rende visibile la distanza tra l’essere «occupati» e l’avere un lavoro vero e proprio.
Somministrati: quasi un milione di lavoratori «a scorrimento»
I lavoratori in somministrazione sono 915.062 (–2,5% sull’anno precedente).
Hanno una retribuzione media di 10.578 euro e lavorano 133 giornate.
Quasi il 70% si concentra al Nord, dove industria e logistica cercano forza-lavoro variabile ma costante. Anche qui il divario con la classifica salariale è evidente: chi vive di somministrazione resta spesso lontano dai livelli retributivi degli impiegati, per non parlare dei quadri.
Agricoltura: un settore che cresce mentre cambia pelle
C’è poi una terza Italia del lavoro, quella agricola, che nel 2024 segna numeri sorprendenti:
1.019.177 operai agricoli (+2,4%)
Veneto +10,6%, Lazio +7,6%
Nord +5,1%, Centro +6,1%
Il settore assume, ma perde imprese (–1,1%): meno aziende, più grandi, più strutturate. Gli autonomi agricoli scendono a 414.746 (–1,9%), schiacciati dal peso dei pensionamenti e da un ricambio generazionale che fatica ad arrivare.
Anche qui la classifica salariale fa da bussola: più si sale verso figure qualificate e stabili, più le retribuzioni crescono; più si scende verso lavori stagionali o frammentati, più si torna alle fasce basse della piramide.
19 novembre 2025 ( modifica il 19 novembre 2025 | 19:02)
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