In attesa, alla chiusura dei mercati, di conoscere i dati trimestrali di Nvidia, la sensazione generale è quella di vivere sul ciglio di un burrone dopo aver ammirato, forse troppo a lungo, l’immensità dell’universo dell’Intelligenza artificiale. Ora si guarda giù. E lo fa una generazione di imprenditori e operatori dell’alta tecnologia abituata a non conoscere limiti ai propri traguardi. Onusta di gloria, soprattutto finanziaria, e poco attrezzata a gestire le transizioni, anche selettive e dunque dolorose, della storia economica. Lo scoppio della bolla delle dot.com nel 2001 ha molto da insegnare. Le rivoluzioni hanno momenti di rallentamento, di riflessione e selettività, ma non significa che non vadano avanti, come è avvenuto per Internet. 

Già tempo fa in questa piccola rubrica quotidiana avevamo segnalato l’eccesso di intreccio finanziario tra i grandi protagonisti dell’Ai, con al centro proprio Nvidia, i quali hanno investito l’uno sull’altro circa 380 miliardi gonfiando di conseguenza le quotazioni. Le prospettive di guadagni di produttività rimangono
affascinanti – come segnala Franco Bernabé in una bella intervista al Quotidiano del Trentino e Alto Adige – ma cariche di rischi sistemici che stiamo forse sottovalutando. Vittorio Carlini sul Sole 24 Ore di oggi dà conto di come gli algoritmi, che governano di fatto i mercati, siano alimentati da sistemi di intelligenza artificiale sulla finalità dei quali il mistero è fitto. Anche e soprattutto per le autorità di controllo. 



















































Possono essere degli stabilizzatori, dunque ridurre la volatilità (misurata dall’indice Vix attualmente sotto pressione) oppure ampliarla per sfruttare spazi di guadagni speculativi, magari attraverso dati manipolati o persino falsi. Gli algotrader saranno così intelligenti da evitare un’eventuale bolla dell’Ai o così spregiudicati da alimentarla?

19 novembre 2025, 12:14 – modifica il 19 novembre 2025 | 14:39