Emblema di resilienza, eporediese Doc, ieri è stata protagonista sul palco del Giacosa per “La Stampa è con voi”, intervistata da Elena Masuelli. Paola Gianotti da anni porta Ivrea in giro per il mondo grazie alle sue imprese in bicicletta. Prima sportive e ora nel sociale. Dall’impegno per le donne a quello sulla sicurezza dei ciclisti.

«Sono una sognatrice che cerca di migliorare il mondo – racconta – quando, a 33 anni, ho dovuto chiudere l’azienda a causa della crisi, ho preso la bici e ho deciso di fare il giro del mondo. Prima non ero nemmeno una ciclista. Volevo reinventarmi e voltare pagina e ho trovato il mezzo perfetto. Dal fallimento è scattato il riscatto. Ho deciso di prender in mano la mia vita per cercare di essere me stessa. Non solo per diventare la donna più veloce in assoluto a completare il giro del mondo».

Dalle ruote al sociale

Detentrice di quattro «Guinness World Record», ottenuti sempre in sella alla propria bici, laureata in economia e commercio, dopo le imprese sportive ha deciso di trasformare questa sua passione in uno strumento per veicolare messaggi legati al bene comune. «Continuo molto volentieri a pedalare, fa parte di me, anche se non faccio più tutti i chilometri che facevo prima. Il periodo dei record l’ho passato e si è trasformato in una serie di progetti che partono dal ciclismo e parlano di sociale. Poche settimane fa, ad esempio, abbiamo portato a Ivrea, in occasione della “100×100 Donne”, 460 cicliste per un grande incontro su due ruote, dove sport, solidarietà e scoperta del territorio si sono intrecciati in una giornata che ha lasciato il segno».

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Sicurezza per i ciclisti

Da quando ha iniziato ad occuparsi della sicurezza per i ciclisti, inoltre, Paola Gianotti ha installato oltre 15 mila cartelli stradali in tutta Italia per invitare gli automobilisti a mantenere una distanza minima di 1, 5 metri nel sorpasso delle bici. I primi, diversi anni fa, hanno visto la luce proprio in Canavese, a Ceresole e Candia. «Un progetto che è eredità del grave incidente che mi ha visto coinvolta negli Stati Uniti – ha sottolineato dal palco del Giacosa – sono stata investita durante il giro del mondo e ho riportato la frattura della quinta vertebra cervicale. Quando ho saputo che non avrei riportato danni permanenti ho deciso che sarei tornata nello stesso punto dell’incidente per riprendere il percorso. E così ho fatto, quattro mesi dopo, per correre gli ultimi 15 mila chilometri e arrivare a Ivrea, casa mia, dove tutto è iniziato».

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Le “bike lane”

L’impegno per la sicurezza dei ciclisti non si è comunque esaurito con i cartelli: «Assolutamente no, del resto c’è un problema culturale in Italia, dove non è ancora chiaro quanto la bici sia un mezzo di mobilità a tutti gli effetti. Mancano le infrastrutture, a partire dalle piste ciclabili. Quella dei cartelli è una goccia nel mare me è comunque un segnale. Così come le “bike lane” che costano zero ma hanno un grande impatto sulle strade. C’è ancora molto lavoro da fare e sono sicura che ognuno di noi può fare la sua parte».

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Speaker motivazionale

Quando non va in bici, Paola Gianotti continua a viaggiare in tutta Italia per raccontare la sua storia. Quella di una sognatrice che non molla proprio mai. «Proseguo nel lavoro di speaker motivazionale nelle aziende, continuo a fare la coach e accompagno le persone in percorsi mirati per raggiungere i propri obiettivi, partendo proprio dalla mia esperienza». Sempre «on the road», con una passione che è anche uno stile di vita: «La bici ha un impatto grandissimo: conosci persone, scopri nuovi posti, vedi le bellezze del territorio e ti emozioni. La bici non fa distinzioni sociali, è il mezzo sostenibile per eccellenza e ti insegna tantissimo. Quando arrivi al Nivolet, a 2600 metri, dove ti sembrava impossibile anche solo per la difficoltà della salita, ti senti rinascere. È una scuola di vita oltre che di benessere».