«Potrei affondare nella celebrazione di me stesso, ma io non sono così. Andare da Luca Carboni e suonare con lui senza essere certo di essere all’altezza ci sta, così come ci sta fare il brano de La Pennicanza di Fiorello: la non comfort zone mi dà vita», insiste Cesare Cremonini che, in questa fase della sua vita, «sente di dover fare meglio di quello che ho fatto. Sono ancora inquieto, non sono sereno: ho ancora tante cose dentro che né gli stadi né l’album sono riuscite a guarire. Spero che la musica possa ancora darmi la possibilità di ricucire quello che non funziona», confessa il cantante ai giornalisti prima di salire sul palco del Piccolo e raccontare che Alaska Baby è nato in un momento in cui aveva capito che aveva finito la benzina che gli sarebbe servita per continuare ad andare avanti. «Ho detto alla mia manager che stavolta non ce la facevo a ripartire e lei mi ha detto di ricordarmi che la mia priorità ero io. Preso com’ero da attacchi di panico da vuoto, dovevo darmi del tempo. Così sono partito per un viaggio di due mesi con le lacrime per prendermi il lusso di ascoltarmi». «Essere vulnerabile per me è una questione di sopravvivenza», insiste ancora Cesare Cremonini. «Ho imparato a nuotare perché mio fratello mi ha buttato in acqua a 6 anni, e vale anche per la vulnerabilità. Da bambino, verso i 12-13 anni, volevo fare la storia della musica, finire in uno di quei libri che leggevo da piccolo. Era un sogno forse troppo grande, allora ricordo che dicevo che bastava anche una sola riga».

Cesare Cremonini «Sono ancora inquieto ho ancora tante cose dentro che n gli stadi n il pubblico sono riusciti a...

Greg Williams