di
Alberto Pinna

L’imprenditore sardo sequestrato il 9 dicembre 1994 e rilasciato dopo 310 giorni di prigionia: Lo Stato ci affossò

Due volte vittima: dei rapitori che estorsero più di 4 miliardi di lire per liberarlo. E dello Stato, che sul riscatto pretese le tasse: 1 miliardo e 400 milioni. Trent’anni dopo Giuseppe Vinci rivive il più lungo (310 giorni) sequestro di persona dell’Anonima Sarda nel film «Storia di un riscatto». Vinci, 61 anni, fu rapito a Macomer (Nuoro) nel dicembre ’94. Nel film impersona se stesso, com’è oggi, e interpreta anche il padre Lucio, proprietario di supermercati, che all’epoca raccolse i soldi e pagò.

Quasi tutti gli ostaggi cercano di superare i traumi della prigionia rimuovendo, cancellando. Lei invece…
«Anche io avevo deciso così. Stefano Odoardi, il regista, ha insistito a lungo. L’ho richiamato dopo due anni: “Ora sono pronto”. Forse neanche se l’aspettava».



















































Ha cambiato idea. Perché?
«Tutta la verità sul rapimento non era mai venuta fuori. E dopo 30 anni anche il ricordo di certe violenze si stempera. Sono stato chiuso per 10 mesi in una scatola di compensato, larga e lunga poco più di due metri. Un materasso, una candela, un secchio per fare i bisogni. Come in una bara».

Certi ostaggi, pur se brutalizzati, appena liberi raccontano: «Sono stato trattato bene».
«A me è andata meno peggio che ad altri. Non sono stato picchiato. Le umiliazioni sono altre. Fra carcerieri e ostaggio si stabilisce uno strano meccanismo, paura, soggezione, dipendenza, anche fiducia forzata. Ma è sempre violenza».

I suoi rapitori sono stati condannati.
«I carcerieri non sono stati mai individuati. I mandanti sono tornati in libertà dopo anni. Uno ha fatto da autista e guardia del corpo a un importante politico, aveva rapporti con medici, docenti universitari e con altri è stato di recente nuovamente arrestato».

Il rapimento e il film.
«Odoardi è un parente di mia madre, ma fino al 2016 non lo conoscevamo. Quando ho deciso di fare il film mi sono fidato, gli ho raccontato tutto, per giorni davanti a una telecamera. Lui ha scovato altro materiale negli archivi Rai e dei giornali sardi».

Il riscatto.
«I riscatti sono stati due. I rapitori volevano 10 miliardi. Mio padre chiese un aiuto dello Stato, che per altri sequestri trovò il modo di pagare. C’era anche una campagna elettorale. Si fecero avanti anche Prodi e Berlusconi. Tante promesse, nessun aiuto».

Come andò a finire?
«Mio padre raccolse gli incassi dei supermercati, per racimolare 4 miliardi ci indebitammo e sull’azienda piombarono gli avvoltoi. Lo Stato ha dato il colpo di grazia con 1,4 miliardi di tasse sul riscatto: lo ha considerato un utile d’impresa!».

Il secondo riscatto?
«È durato 30 anni. Abbiamo dovuto chiedere mutui, rate di 430 mila euro l’anno, e li abbiamo finiti di pagare nel 2023. Una seconda liberazione».

La terza vita?
«Da ragazzo ho studiato 7 anni al Conservatorio, pianoforte. Poi volevo fare l’alberghiero, ma in famiglia chiedevano di laurearmi. Avere un hotel con ristorante era il mio sogno. Dopo la perdita dei supermercati ho ricominciato da zero e ho aperto un ristorante a Cagliari. L’attività va bene, la seguono i miei figli».

La prima volta che ha fatto l’attore. Sarà l’ultima?
«Non so. Mi dicono che è andata bene. Ma sono disorientato ed è un po’ come quando sono stato sequestrato: non sai mai che cosa può succedere il giorno dopo»

20 novembre 2025 ( modifica il 20 novembre 2025 | 22:36)