Dalle ispirazioni personali agli effetti inattesi della popolarità, fino alla candidatura all’Ambrogino d’Oro. Per la prima volta Gabriele Celia, 400 mila follower su Instagram, 250 mila su TikTok, ha raccontato al Corriere della Sera la genesi del suo “Boomer milanese”, offrendo un ritratto vivissimo di questa figura che spopola sui social.

La maschera del bauscia 4.0

Il Boomer milanese nasce come un personaggio iperbolico, attraversato da millanterie e imprese impossibili che lo rendono immediatamente riconoscibile: uno sbruffone che vanta flirt con star, ruoli in film cult, rapporti con Donald Trump e persino un talento calcistico stroncato da «quel maledetto crociato». Celia spiega che l’uso del filtro è stato determinante: «rende iperbolico il mio volto ed è un biglietto da visita che fa capire sin da subito che il Boomer non ci è, ma ci fa». Secondo lui, senza quella maschera digitale il personaggio risulterebbe poco credibile: «Se mi esponessi con il mio vero volto, vestito in doppio petto, a raccontare che sono stato con Moana Pozzi credo che avrei molti più hater». E nella sua definizione generale, l’autore lo vede così: «Lo vedo come un personaggio che nasce dalla Milano di Tangentopoli, impregnato di quel sistema valoriale».