Totò cerca pace. Nel film diretto da Mario Mattoli nel 1954 principe della risata e consorte venivano perseguitati dai parenti, contrari alle loro nozze perché interessati all’eredità. Invece, oggi è guerra proprio sull’eredità culturale e materiale di Totò, attorno alla sua icona e al suo utilizzo. Vede contro un deputato, Francesco Emilio Borrelli, di Avs, e la nipote del grande comico, Elena Anticoli De Curtis, che con altri discendenti detiene i diritti sulla sua immagine.

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Borrelli da Fb si scaglia contro le azioni legali che da due anni gli eredi avrebbero intrapreso contro diversi commercianti che, a Napoli e in Italia, usano a fini di vendita l’immagine e il volto di Totò; le richieste di risarcimento, si legge nel post, arriverebbero a decine di migliaia di euro. «Sono artigiani che portano avanti la sua eredità culturale: gli eredi ne fanno una questione di incassi». Al parlamentare, con la lettera che pubblichiamo qui sotto, risponde Anticoli De Curtis, figlia di Liliana, nata dall’unione tra l’attore e Diana Bandini Rogliani, polemica con il «Masaniello» anti-illegalità, il «combattente contro il malaffare» che si trasforma in difensore di comportamenti illeciti».

Il messaggio di Borrelli è del 9 novembre: «Totò in vita non ha mai chiesto un centesimo a nessuno per l’uso del suo nome, e nemmeno sua figlia Liliana. Ora persone che non hanno alcun legame con Napoli, che vivono a Roma e una addirittura nata a Johannesburg, chiedono risarcimenti pesanti a chi con amore e rispetto porta avanti un’eredità culturale immensa. Chi riceve queste lettere smette di produrre gli oggetti e di raccontare e celebrare Totò. Così si condanna all’oblio uno dei più grandi simboli della nostra città: gli artigiani hanno di fatto creato un museo diffuso in memoria di Totò». In realtà la città è piena di pastori, statuine, iconcine, pizze-Totò, dolci-Totò, cocktail-Totò a pagamento. Borrelli: «Forse i nipoti si sarebbero potuti preoccupare di creare un’attività museale che rendesse giustizia alla memoria del nonno, invece di ciò non si sono mai interessati». L’affondo: «Totò appartiene al popolo napoletano e alla sua storia, non a chi oggi ne fa una questione di incassi». Nella lettera Anticoli De Curtis ricorda che «è indebito l’uso dell’immagine e dell’opera poetica di mio nonno per profitto privato», che non si tratta di cultura o di identità. Ma di business.