L’ex ds racconta la sua esperienza tra algoritmi e colpo d’occhio: “I numeri sono un supporto, ma non descrivono la qualità. Per capire la personalità si valutano piccoli gesti di lealtà e non se uno va o meno in discoteca: Sinner deve fare i conti con sé stesso e il suo staff, un calciatore con un gruppo di persone”
Giornalista
21 novembre – 08:08 – MILANO
Dati, algoritmi, statistiche, analisi: nelle ultime settimane si è scatenato un gran dibattito sulle modalità di condurre il mercato dei calciatori. Quasi una guerra di religione tra innovazione e vecchia scuola, anche se forse, come spesso capita, non esiste una verità assoluta…
Walter Sabatini, qual è il suo rapporto con l’utilizzo dei dati per fare mercato?
“Ormai tutti ci abbiamo che fare perché imperversano: è una cultura di importazione e ci dobbiamo adeguare, usufruendo di questa conoscenza come strumento per affiancare il lavoro di scouting che è sempre stato fatto da noi direttori sportivi italiani. Io considero i dati un elemento di supporto, altri lo considerano decisivo e scelgono direttamente sulla base di questi. Non commento, evidentemente hanno scoperto che è redditizio. Io, però, qualche dubbio ce l’avrei…”
“I dati ti raccontano le cose nel loro numero e nel loro ripetersi, ma non possono descrivere la qualità. Ieri sera ho visto fare uno stop orientato a un calciatore che non è in Italia in questo momento e che non nominerò, ma appena l’ho osservato fare quel gesto tecnico ho pensato: ‘Se avessi avuto squadra in questo momento, l’avrei già comprato oggi, ammesso che sia in vendita’. Queste sono cose che giudichi con l’istinto, con la storia che c’è dentro di te: nel mio passato ho avuto centinaia di giocatori, quindi, quando ne vedo uno, la mia psiche fa un lavoro automatico quasi di selezione naturale”.
Istinto e esperienza, quindi, secondo lei sono le doti principali nella scelta di un calciatore?
“Assolutamente, ma pure una certa sensibilità che hai o non hai, anche se non ritengo che la mia sia al di sopra di ogni sospetto. A quel punto intervengono i dati, che non rifiuto, ma che considero collaterali. Magari tu puoi vedere dalle statistiche che un centrocampista non accelera o fa solo un’accelerazione a partita, che corre per 7 km anziché 12 o che ha incrementi di velocità inesistenti e allora devi cominciare a interrogarti. Torniamo all’esempio del calciatore di prima…”
“Mi è caduto l’occhio su di lui, poi magari guardando i dati riferiti alla prestazione scopro che è un giocatore ininfluente da un punto di vista atletico e quindi mi viene un dubbio che adesso non ho. A quel punto forse rivedo la mia decisione, mentre se le statistiche fossero confortanti magari sceglierei con più velocità e con più convinzione”.
Un aspetto che i dati non possono mettere in evidenza, poi, è la personalità: quanto è importante il colloquio con un calciatore e il fatto di conoscere la sua vita privata?
“Io ho preso giocatori che erano ubriaconi, però hanno giocato un calcio straordinario, quindi mi pare veramente molto limitativo dire che un calciatore si possa giudicare dal fatto che vada o meno in discoteca. Per me conta il fatto che sia leale, che capisca il senso della collaborazione, dell’altruismo, dell’onestà intellettuale. Il calciatore non è un tennista, un Sinner, che fa i conti solo con sé stesso o al massimo con il suo staff, ma deve confrontarsi sempre con un gruppo di persone all’interno del quale non sono le regole che ne stabiliscono la forza o la debolezza, ma tutta una serie di piccoli comportamenti legati a principi come altruismo, lealtà e generosità. E questo non lo scopri domandando a un giocatore se va in discoteca o se mangia la pizza tutti i giorni, ma magari notando se, quando un compagno sbaglia un passaggio, gesticola e muove il braccio per mandarlo a quel paese o se rientra per surrogare la distrazione di un compagno o se fa 40 metri per raddoppiare la marcatura”.
Ma lei parlava con i calciatori prima di acquistarli?
“Sì, ci ho quasi sempre parlato, ma non facevo domande particolari, perché non modificavo o prendevo una decisione sulla base dalle parole di un giocatore: quelle sono gratis per tutti, anche per loro… A convincermi sono gli sguardi, i piccoli comportamenti di tutti i giorni”.
E questo aspetto come fa a conoscerlo prima di avere a che fare quotidianamente con un giocatore?
“Parlo, mi informo. Mettiamo che mi interessi un giocatore di Zurigo: mi rivolgo a un collega o anche una persona normale che vive in quella città. Quando un giocatore si comporta male chi risiede in quel posto lo sa…”
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