“Senza benzina, non va nemmeno una Ferrari: quando finisce devo tornare dove c’è la sensazione di essere sul filo del rasoio, l”all in’ in cui rischi tutto e non sai se sei un coglione o un genio, ecco, quello è il posto in cui mi ritrovo meglio”: è un Cesare Cremonini a tutto tondo quello sul palco del teatro Piccolo Grassi, protagonista della Milano Music Week per l’uscita di “CremoniniLIVE25”, il triplo album dal vivo dedicato al recente tour negli stadi.
    Un giro di concerti di grande successo trainato dall’album Alaska Baby del 2024. Un disco nato – ha raccontato Cremonini, intervistato da Andrea Scanzi – da un momento di crisi: “avevo la sensazione di aver finito la benzina, il motore era lo stesso ma senza la benzina nemmeno una Ferrari va. La mia manager mi ha detto ‘la priorità sei tu, forse lo avevi dimenticato negli ultimi 25 anni”. Di lì la scelta di partire per un ritiro in Alaska, da cui è tornato con ‘San Luca’, “la canzone che parla più di casa” e che ha riportato alla musica Luca Carboni dopo la malattia. Poi – ha proseguito il cantautore bolognese – è arrivato lo slancio necessario per “pensare meno al risultato e più a quello che amo fare. Questo disco mi ha insegnato a essere così sempre, questa è una nuova fase della mia carriera e ho inseguito per 25 anni questa sensazione”. Tanto che oggi si sente di dire che “le sfighe sono state tutte fortune e questo allunga la carriera” e ammette che “poter dire ‘ho un sogno’ è una libertà che mi sono conquistato”.
    Proprio la sua capacità di sognare ancora, come faceva da bambino, quando voleva “fare la storia della musica, poi mi rendevo contro che era troppo e pensavo ‘basta anche una pagina, una riga’”, secondo Cesare è la caratteristica che lo rende unico. “Ciò che mi muove è un’insoddisfazione, io mi alzo e sogno davvero, non è retorico o melenso, è una pratica quotidiana, so cosa sono il dolore, la sofferenza, la disperazione e che il sogno è parte fondante della nostra esistenza. Quello che offro, in maniera demodé e un po’ eccessiva, è un sogno”. Il suo rimane quello di entrare in quei libri di storia della musica, “una sfida importante perché i grandi ci sono già stati e ho la cultura necessaria per capirlo.
    La sfida era ed è ancora complicata ma – ha ammesso -non ho mai immaginato una passione così grande come quella che che ho per questo ambiente. Poi i conti si faranno un giorno e non è importante, perché l’obiettivo è stare bene facendo le cose”.
    Una consapevolezza raggiunta a 45 anni, dopo essere diventato celebre alla fine degli anni Novanta con i Lùnapop ed essere poi passato alla carriera solista, non senza difficoltà. “Il primo disco vendette 200mila copie, il secondo 80mila, poi lentamente le cornici culturali si spostano e se tu vai dritto è capace che il pubblico torni da te. La mia storia è sicuramente quella di uno che è andato dritto, ma non mi sento arrivato al punto in cui la pagina è scritta, poi – ha aggiunto – questi sono tempi difficili: rumorosi su cose sbagliate e silenziosi su quelle corrette”.
    Un intervento senza filtri perché “per me – ha confessato – aprirmi è sopravvivenza, o così o muori, ho imparato a nuotare perché mio fratello mi ha buttato in acqua, per me il coraggio è una forma di sopravvivenza. Suonare il sax o sfidarmi in qualcosa che non ho mai fatto è sopravvivenza, la benzina che cerco”. Quella che trova anche sul palco, “luogo dell’irrazionalità che riesce a farmi abbandonare quasi come un’ubriacatura, che ti pone di fronte a una difficoltà rischiosissima: è in quell’istante che tiro fuori il meglio di me, perché le mie qualità più vere emergono quando mi sento in pericolo”.
    In chiusura, tra gli applausi, un pensiero sul presente: “mi manca la precisione del racconto: parlare quando sai, tacere quando non sai, cantare ciò che hai dentro”. E un annuncio: “Milano-Cortina mi ha chiesto una versione di ‘Buon viaggio’ per le Olimpiadi”.
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA