di
Aurora Dozio
Invece del test d’ingresso, quest’anno chi si iscrive alle Facoltà sanitarie viene selezionato sulla base dei primi tre esami: solo alla Statale di Milano ci sono 3.795 candidati per 728 posti. Molti hanno mollato, come la padovana Vera: «Per l’ansia piangevo ogni giorno»
Microfono disattivato. Telecamera spenta. Silvia è sola nella sua cameretta, di nuovo chiusa tra le mura di casa, mentre il professore spiega citologia. L’uomo in cravatta si muove in un piccolo riquadro sulle slide; la voce è metallica: «È come essere davanti a una trasmissione televisiva».
Silvia è una dei 3.795 studenti della Statale di Milano che stanno affrontando il semestre aperto, la nuova modalità di accesso alle facoltà sanitarie introdotta quest’anno in tutta Italia: per la prima volta, la selezione non avviene più attraverso un test di un’ora a crocette, ma è un percorso lungo sei mesi. Il famigerato «semestre filtro», appunto. Durante questo periodo i ragazzi sono sì iscritti a Medicina, ma non immatricolati: lo saranno soltanto se passeranno tre esami specifici. «In pratica, in attesa dell’esito, la nostra vita è in stand-by».
A Milano i posti disponibili sono 728 – 563 per Medicina, 60 per Odontoiatria e 105 per Veterinaria – e Silvia è in corsa per uno di questi: «Sembra di essere tornati ai tempi del Covid. Ma durante il Covid almeno potevamo confrontarci con i professori; adesso l’unico contatto è l’ora delle domande». Dopo un primo mese in modalità dual, tra presenza e online, il corso è passato completamente all’asincrono, con video preregistrati da seguire da casa: «Mi sveglio presto ogni giorno e studio fino a notte. Fare il medico è sempre stato il mio sogno, ma così è un incubo. È come se la mia vita dipendesse dalle domande a cui dovrò rispondere all’esame».
Per Chiara Torre, prorettrice alla didattica della Statale di Milano, sulle modalità di erogazione non c’erano alternative: «In tempi così stretti e con un’organizzazione già definita per gli altri corsi, abbiamo dovuto fare scelte d’emergenza. Siamo riusciti a garantire la presenza in settembre, ma quando le altre facoltà hanno iniziato siamo dovuti passare all’asincrono, per mancanza di spazi. Per noi era il modo migliore per assicurare uniformità».
L’Ateneo ha inoltre aperto 12 posizioni di tutoraggio per raccogliere i dubbi per l’ora dei chiarimenti «live». Ma come racconta Francesco, uno dei tutor, «era un miracolo segnarne un paio a lezione: i programmi erano troppo densi e mancava il dialogo, l’interazione che tenesse attenti i ragazzi». Col tempo, il loro ruolo si è trasformato in supporto tecnico, soprattutto per la registrazione delle presenze: «Gli studenti ci scrivevano terrorizzati all’idea di essere segnati assenti, perché la soglia di frequenza minima inizialmente era di due terzi. Solo dopo indicazioni più chiare dal Ministero, è stata abbassata al 51 per cento».
Studenti iscritti ma, appunto, non immatricolati, senza badge e accesso alle aule studio. Studiano soli, davanti ai libri e al pc. Il futuro appeso all’esito di tre esami (ognuno composto da 31 quesiti, in tutto 93): dovranno raggiungere almeno 18 su 30 in ognuno, e un punteggio abbastanza alto nella graduatoria nazionale. Chi supera gli esami, ma non entra, può passare a un corso affine, con i crediti riconosciuti. Chi non ottiene la sufficienza, resta fuori. Una selezione che ammette meno di uno studente su cinque. Eppure, negli ospedali italiani i medici continuano a mancare, mentre sempre più giovani laureati scelgono di lavorare all’estero.
In questo contesto, per Pierluigi Strippoli, professore associato di biologia, il semestre aperto stravolgerebbe la libertà didattica e trasformerebbe il primo anno in una selezione standardizzata. Le sue critiche si inseriscono nel quadro del ricorso presentato da 96 docenti dei tre insegnamenti coinvolti nel semestre aperto al Tar del Lazio, in cui si contestano profili di illegittimità e incostituzionalità della riforma: l’udienza è attesa per la primavera.
«A tutte queste difficoltà si aggiunge un problema di privilegio economico – spiega Matilde Molinai, rappresentante degli studenti alla Statale – perché le università private non adottano il semestre aperto: l’ammissione viene decisa con un test a crocette svolto già nell’ultimo anno di liceo, e chi lo supera e può permettersi la retta, tende a scegliere quelle».
L’ansia degli studenti è diventata leva per fare business: «In pochi mesi, c’è stato un boom di corsi in preparazione al semestre aperto, spesso guidati da persone che si sono improvvisate professionisti, senza avere competenze» sostiene Andreas Castiello, fondatore del corso Medmind nel 2014. «I syllabus, i programmi dettagliati pubblicati dal ministero sono sterminati: si chiedono a matricole competenze avanzate, senza fornire strumenti adeguati. Questo semestre sarà di sopravvivenza e gli esami una performance emotiva».
Un sistema che molti non hanno retto, come la padovana Vera Fuser, ex matricola di Medicina. Dopo aver lasciato gli studi, è diventata un punto di riferimento online per le nuove matricole: i suoi video su TikTok, in cui racconta dall’interno cosa significhi vivere il semestre filtro, hanno raccolto migliaia di visualizzazioni. «All’inizio pensavo che lo spaesamento fosse normale, ma per l’ansia degli esami piangevo ogni giorno e avevo attacchi di panico. A un certo punto ho capito che nessun test valeva quello che stavo vivendo, così ho deciso di lasciare e ho iniziato a lavorare. Fare il medico è sempre stato il mio sogno, ma questa modalità mi ha così smagata che oggi non so nemmeno più se sia la mia strada».
Questo articolo è stato scritto da Aurora Dozio, studentessa dell’undicesima edizione del master di Rcs Academy «Scrivere e fare giornalismo oggi: il metodo Corriere». Le iscrizioni alla nuova edizione del master sono aperte, info sul sito: rcsacademy.corriere.it
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21 novembre 2025 ( modifica il 21 novembre 2025 | 08:04)
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