di
Federico Fubini
Leggendo in filigrana i 28 punti del «piano di pace» stilato dagli inviati di Usa e Russia si capisce a che cosa punti Trump: staccare Putin dall’abbraccio con Xi, a costo di «fingere» un rapporto alla pari tra superpotenze
Il «piano» per l’Ucraina stilato da Steve Witkoff e Kirill Dmitriev, i due inviati di Washington e Mosca, mostra in trasparenza gli obiettivi della Casa Bianca in questa partita. Sono molto simili a quelli che Donald Trump persegue con l’Argentina di Javier Milei o con il Cile a trazione sovranista che potrebbe emergere dal ballottaggio elettorale il mese prossimo. Simili, anche, a quelli enunciati dallo stesso presidente americano alla Knesset in ottobre, quando parlò di accordi «di Abramo» dall’Indonesia, al Pakistan, fino al Golfo e a Israele.
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Trump vuole scavare il vuoto attorno alla Cina. Cerca di sottrarre alleati a Pechino in ogni parte del mondo, facendone partner di affari soggetti agli Stati Uniti. Il progetto presentato dal suo inviato Witkoff mira esattamente a questo risultato: staccare Vladimir Putin dall’abbraccio con Xi Jinping, creare un rapporto strategico degli Stati Uniti con il Cremlino che spezzi la dipendenza della Russia dalla Cina; poco importa se saranno l’Ucraina e l’Europa a pagare il conto.
La strategia si affaccia in vari passaggi del «piano» Witkoff-Dmitriev. Lo fa quando gli Stati Uniti promettono alla Russia la riammissione a pieno titolo nel G8 dopo una «pace» in Ucraina (l’uscita è nel 2014, al tempo dell’invasione della Crimea). In sé è una promessa sorprendente: Trump si è sempre disinteressato dei tavoli multilaterali, per lui conta il rapporto personale fra leader forti; ma portare Putin con sé nei vertici fra i grandi Paesi industrializzati, apparentemente alla pari, significa di fatto contendere il leader russo ai Brics – il club delle potenze emergenti – dei quali è un esponente di punta. Significa anche farne un alleato di Trump stesso, di fronte ai governi europei, proprio all’interno del vertice dei Grandi.
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Nell’intesa Witkoff-Dmitriev compaiono poi le promesse di accordi economici, naturalmente. In caso di raggiungimento di una pace in Ucraina – dai termini sbilanciati a favore di Mosca – gli Stati Uniti offrono alla Russia un «accordo di cooperazione di lungo termine» su un lungo elenco di settori strategici: energia, risorse naturali, infrastrutture, ma soprattutto intelligenza artificiale, data center e «progetti di estrazione di metalli di terre rare nell’Artico». Il messaggio è chiaro: gli americani sono disposti a fornire ai russi qualche tecnologia digitale e legata all’intelligenza artificiale, purché i russi mettano loro a disposizione materie prime critiche per i prodotti avanzati più decisivo. L’obiettivo qui è muovere un passo in più per rompere la dipendenza dell’Occidente dall’oligopolio cinese sui materiali necessari a gran parte dello hardware tecnologico. E anche qui a fare le spese del potenziale accordo russo-americano sarebbe Pechino, perché la possibile intesa minaccia due obiettivi fondamentali di Xi: allargare l’ecosistema digitale cinese alla Russia e farsi consegnare le chiavi di un accesso incontrastato alle risorse dell’Artico russo.
In sostanza, Trump vuole spezzare la condizione di vassallaggio di Putin verso Xi. E, per farlo, accetta la finzione di un rapporto fra superpotenze e fra leader alla pari fra il Cremlino e la Casa Bianca.
La stessa idea del «piano» Witkoff-Dmitriev di usare parte delle riserve russe oggi congelate per «un veicolo d’investimento russo-americano» va nella stessa direzione. E così la prospettiva di un nuovo accordo di disarmo nucleare fra Mosca e Washington, oltre alla prevedibile levata delle sanzioni.
Le promesse si accumulano l’una sull’altra, se Putin si allontana da Xi. Il prezzo lo pagherebbe l’Ucraina, che dovrebbe subire una pace cartaginese in nome degli obiettivi globali di Trump. Lo pagherebbe anche l’Europa, che subirebbe la parziale vittoria di Putin nella guerra e verrebbe trattata al rango di suddito del quale si può disporre a piacimento: in teoria sarebbero i governi europei a dover mettere a disposizione 100 miliardi di dollari per la ricostruzione dell’Ucraina e almeno altri 100 miliardi di riserve russe per finanziare il giro d’affari dei gruppi americani nel Paese aggredito.
In questa bozza d’accordo non c’è alcuna traccia di un’alleanza occidentale. C’è solo una logica di potenza – senza diritto internazionale, pura legge del più forte – in base alla quale Trump cerca di privare Xi Jinping del suo alleato russo; e la Russia alza il prezzo a spese dell’Ucraina per fare il salto e accettare il potenziale abbraccio con l’America trumpiana.
Non è il mondo che l’Unione europea sognava. Ma ciascuno dei governi dell’Unione europea può chiedersi: cosa abbiamo fatto, in questi anni, per rendere concreto quel sogno?
21 novembre 2025 ( modifica il 21 novembre 2025 | 19:01)
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