Nelle acque del Mar Baltico si aggirano oltre 400 navi petrolifere russe fuori dai radar, che si svincolano dal controllo occidentale dell’oro nero di Putin, osservano da lontano i confini europei e lasciano solo una traccia del loro passaggio: delle scie nere di petrolio in mare. Sono la “flotta ombra” e tutte inserite nella black list della Nato, tutte sanzionate, ma si fatica a rimandarle indietro e stanno diventando una vera e propria minaccia per tutti quei Paesi che affacciano nelle acque del Baltico e per l’intero Pianeta.

La flotta ombra

La flotta ombra è uno dei più grandi misteri del mondo contemporaneo. Si tratta di 444 imbarcazioni petrolifere sottoassicurate e di dubbia proprietà: l’unica cosa certa che si sa è che sono russe e che Mosca se ne serve agilmente per aggirare le sanzioni occidentali, Ue e Usa, imposte dopo l’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio 2022. Navigano con compagnie false registrate come proprietarie, difficilmente hanno con loro documenti assicurativi e, a volte, girano con documenti ufficiali falsi. L’Unione Europea ne ha individuate e sanzionate 544, la Gran Bretagna 450, ma secondo Lloyd’s List Intelligence, un importante servizio di dati e analisi marittime, il numero sarebbe molto più alto: si tratterebbe di circa 1.300 navi, che infestano le acque del Baltico e trasportano greggio illegale sotto il nostro naso.

Nonostante non fosse possibile farlo in queste modalità, è attraverso queste navi che viene trasportato illegalmente e senza controllo il greggio russo. L’esistenza stessa di questa flottiglia è la più grande dimostrazione di come le mire espansionistiche di Putin siano particolarmente difficili da ridimensionare (nonostante il graduale abbandono del mercato del petrolio russo e le nuove sanzioni, insieme agli attacchi ucraini alle raffinerie, stanno davvero mettendo in difficoltà la stabilità dell’economia di Mosca).

L’inquinamento del Mar Baltico

Queste imbarcazioni non fanno danni solo a livello geopolitico, ma anche ambientale. Secondo una ricerca congiunta del gruppo giornalistico no-profit SourceMaterial e politico, solo nell’ultimo anno sono almeno cinque ad aver perso grandi quantità di petrolio nelle acque del Mar Baltico in questo ultimo anno, mentre navigavano liberamente raggirando le sanzioni. La questione, quindi, è anche ambientale. Si tratta, infatti, di petroliere obsolete che, proprio per la loro potenzialità inquinante, non dovrebbero solcare le acque di nessun mare. Due di queste erano state sanzionate individualmente dal Regno Unito, ma, come spesso accade quando si parla di Russia, sono comunque riuscite a trovare degli escamotage per contiuare a navigare.

Le cattive condizioni di manutenzione e la fatiscenza le rendono particolarmente sensibili a danneggiamenti o incidenti di percorso (altamente inquinanti). A novembre 2024, per esempio, è stata individuata una chiazza di petrolio di 12 km a largo del Golfo di Biscaglia, in Spagna, che sembrerebbe provenire da una petroliera (sanzionata) in viaggio dall’India a Primorsk, in Russia. Ma chi è che paga per la bonifica dei mari dopo questi incidenti, se la proprietà è dubbia e i responsabili non sono individuabili? La risposta è tristemente semplice: i contribuenti europei.

Militari in divisa e documenti scomparsi

I governi occidentali, a partire da quelli che affacciano proprio in questo mare, sono molto in difficoltà. La flotta ombra è difficile da controllare e tiene alto lo stato di tensione in questi Paesi. Il sito investigativo Dan Watch riporta la testimonianza di un veterano delle acque danesi, l’ex soldato della Marina e attualmente responsabile per la navigazione in sicurezza nelle acque danesi Bjarne Cæsar Skinnerup. «Molti miei colleghi vedono ora sulle navi della flotta oscura uomini che indossano uniformi mimetiche della marina russa – ha dichiarato – può essere intimidatorio vedere uomini in uniforme di guardia. Se fossero solo in abiti civili, non li noteresti. Immagino che sia parte della loro tattica farsi vedere. Non solo da noi in visita, ma anche dall’equipaggio, in modo da non osare fare nulla che i russi non vogliano». Un atteggiamento ad hoc, che servirebbe a intimidire la flotta statale danese. Nell’ambito dell’operazione Baltic Sentry, le autorità stanno individuando le navi, stanno chiedendo loro di mostrare i documenti assicurativi ma, come rivela nuovamente Skinnerup e e aveva già detto in precedenza Danwatch, gli inganni sono all’ordine del giorno. Questi documenti scompaiono casualmente prima di essere consegnati, o sono dei falsi ben manipolati.

Una minaccia per Polonia, Estonia e Litunia

Cacciare queste imbarcazioni illegali dalle acque europee è diventato un’urgenza per la Nato, in particolar modo per quegli Stati che affacciano proprio sul Mar Baltico. «Dobbiamo continuare a fare pressione sulla Russia: le sanzioni stanno funzionando e devono essere rafforzate, la situazione economica della Russia continua a peggiorare. Non meno chiediamo che l’applicazione delle sanzioni alle navi della flotta ombra possano essere applicate tempestivamente», ha affermato ieri a Bruxelles, durante un incontro tra Ministeri degli Esteri dell’Ue, la ministra lettone, Baiba Braze. Questi Paesi soffrono particolarmente il giogo russo: l’area del Baltico è tra quelle più tese in questo periodo, tra droni russi che violano lo spazio aereo nazionale e navi spia militari che allungano l’occhio fin dentro i confini. Avere le acque piene di navi ombra non può che peggiorare il clima di tensione.

Le parole di Kallas

Kaja Kallas, Alta rappresentante dell’Ue per la Politica estera, è tornata sul tema nella stessa occasione per riportare al centro dell’attenzione mediatica quella che ormai è diventata una «priorità» per l’Ue. «Inseguire la flotta ombra russa rimane una priorità, e abbiamo avuto discussioni molto intense su cosa possiamo fare di piu. L’Ue ha gia sanzionato oltre 550 navi, e abbiamo condotto ampi colloqui diplomatici con gli Stati di bandiera che registrano le navi. Ora puntiamo a stipulare accordi di pre-abbordaggio con questi Stati. Questo e un modo legale per salire a bordo e perquisire una nave di un altro Paese. Rallentare la flotta ombra costa entrate alla Russia. Per questo motivo lavoreremo per imporre maggiori sanzioni alla flotta ombra, sia alle navi che ai facilitatori», ha dichiarato.  «Abbiamo anche discusso – ha continuato – se potremmo essere più efficaci nel fare passi avanti, non concentrandoci sempre sui grandi pacchetti, ma ad esempio sulla flotta ombra. La Russia è molto creativa e anche noi dobbiamo esserlo». Occorre «essere più agili», ha concluso Kallas. E l’appoggio dell’Italia non manca. «Sono un’europeista e come per le sanzioni si decide insieme, così anche per qualsiasi altro tipo di intervento sulla flotta ombra si deve lavorare insieme, in coordinamento», ha aggiunto il ministro italiano Antonio Tajani al termine dell’incontro.

A cosa servono davvero le sanzioni

«L’esportazione di petrolio greggio russo e al livello piu basso degli ultimi mesi. Le entrate fiscali russe derivanti dal petrolio sono le piu basse dall’inizio della guerra. Le sanzioni stanno colpendo la Russia. E ne arriveranno altre», ha dichiarato Kallas. Per far sì che questa strategia sia davvero efficace, però, la flotta ombra deve essere fermata. Scavalcando le sanzioni, queste imbarcazioni permettono a Mosca di continuare, imperterrita, il commercio di petrolio, con conseguenze a cascata sulla situazione mondiale. La scelta di sanzionare la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina ha in prima istanza l’obiettivo economico, ma di rimando anche quello di difesa: se gli incassi derivanti dall’export di greggio dovessero calare a picco e il Cremlino non avesse più il denaro per finanziare la spesa bellica, sarebbe costretto a ridimesionare i sogni di conquista. O a tagliare ulteriormente il welfare civile, con conseguenze devastanti sulla società russa e sul consenso.


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