di
Viviana Mazza
L’ex segretario della Difesa Usa: «Con Trump la premier Meloni può essere cruciale per spiegare che non è possibile accettare le condizion russe»
DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
NEW YORK – Il piano di pace in 28 punti «prevede che l’Ucraina rinunci alla sua sovranità e non credo che sia accettabile», dice al Corriere Leon Panetta, già segretario della Difesa Usa e capo della Cia.
Al punto 1 si dice che «la sovranità dell’Ucraina è confermata», ma il resto del testo non fa che negarlo?
«In pratica adotta tutte le richieste russe. È stato fatto senza nessuna vera discussione con gli ucraini e quindi è una proposta molto di parte. Ora l’Ucraina con gli alleati europei della Nato deve fare una controproposta, per proteggere la sua sovranità».
Lei pensa che Trump sia aperto alle modifiche? Ieri ha detto che la scadenza è giovedì, ma anche che le scadenze si possono estendere se ci sono progressi.
«Il presidente è noto per la sua tendenza a cambiare le scadenze, come con i dazi. Fa sempre minacce, non sempre si realizzano. La cosa più importante ora è mostrare un fronte unito tra l’Europa e l’Ucraina. Gli elementi di questa proposta sono inaccettabili, vanno cambiati. E questo inizierà un negoziato e vedremo dove va, ma il problema è sempre stato l’inflessibilità di Putin. Putin percepisce la debolezza degli Stati Uniti e continuerà a chiedere tutto quello che vuole. Penso che gli europei chiarire che, se gli Stati Uniti decidono di farsi indietro, loro continueranno ad appoggiare l’Ucraina in guerra: è il messaggio che devono trasmettere sia a Trump che a Putin. Bisogna cercare di arrivare a un cessate il fuoco, ma non alle condizioni russe».
Pensa che gli europei possono farcela da soli?
«Assolutamente. Ho grande fiducia nei leader europei e nella loro credibilità. È un momento in cui devono capire che quello che succede in questi negoziati sarà critico per proteggere non solo la sovranità dell’Ucraina, ma anche la loro».
Che cosa può fare la premier Meloni?
«Dato il suo rapporto con Trump, può essere cruciale per spiegare a Trump che non è possibile accettare le condizioni russe di resa. Tutti sono a favore di continuare i negoziati, ma chiunque appoggi Kiev non vuole una resa».
Quindi lei crede che questo non sia un vero ultimatum di Trump.
«Lancia ultimatum da quando è presidente. Ma alla fine li modifica, estende la scadenza, rinegozia. Opera così. Questo è il punto di partenza, non d’arrivo».
Alcuni danno la colpa a Witkoff.
«Witkoff non è un negoziatore molto competente in Ucraina. Ha ceduto alla posizione russa molto tempo fa. Non è efficace perché non è credibile».
Gli europei e Kiev hanno già detto che sui territori bisogna restare alla «linea di contatto».
«Assolutamente. Il territorio è un tema critico per l’Ucraina. Non possono permettere che la Russia sia premiata per l’invasione».
C’è anche il divieto di ingresso nella Nato.
«È quello che Putin vuole dall’inizio della guerra: è iniziata perché non voleva che l’Ucraina diventasse parte della Nato. Ma non può esserci una soluzione senza tutelare la sicurezza dell’Ucraina, perché Putin deve capire che non può ottenere quello che vuole con un’invasione. È importante per la Nato, per l’Ucraina e per gli Stati Uniti».
Perché per gli Stati Uniti? C’è chi dice che la pace allontanerà la Russia dalla Cina.
«Mi preoccupa che, se gli Usa cedono alla Russia in Ucraina, lanciano un messaggio di debolezza a Xi in Cina, a Kim Jong-un e all’Iran».
Sono positive le sanzioni contro le società petrolifere russe entrate in vigore ieri?
«Sono sicuro che sperano che le sanzioni possano servire a fare pressione, ma ci vorrà più di questo per portare Putin a negoziare. Francamente la speranza è che possano trovare un compromesso che protegga la sovranità ucraina e che non premi la Russia per l’invasione, ma quel che ho visto succedere in questi tre anni è che, siccome Putin non è pronto ad alcun compromesso, la guerra continua».
Ma perché Trump ha fatto questa mossa adesso?
«Ci sono una serie di fattori in gioco. Trump è stato indebolito dalle recenti elezioni, dalla sua posizione su Epstein e dal suo approccio ambiguo sul Venezuela — ci sono 15.000 truppe laggiù e non sappiamo quale sia la strategia — e c’è preoccupazione vera per l’inflazione. E quando agisci in un momento di debolezza è sempre rischioso. A questo si aggiungono gli scandali in Ucraina e il fatto che la Russia attacca e cerca di conquistare altri territori, anche se con scarso successo. Si avvicinano le feste, c’è il senso che potrebbe essere il momento di un accordo, ma deve essere giusto per entrambe le parti e in particolare per l’Ucraina: continuiamo a dimenticare che è la vittima qui e che gli ucraini hanno versato il loro sangue e combattuto con coraggio».
L’incontro di Trump col principe saudita è stato un successo?
«Non è un bravo negoziatore. Ha dato ai sauditi gli F35 in cambio nulla, specialmente per quanto riguarda gli Accordi di Abramo con Israele. Il problema è pensare solo al breve periodo ma non sviluppare una strategia per il futuro. Semplicemente ogni giorno lanciano i dadi e tentano la sorte».
22 novembre 2025
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