C’è una maternità che si sogna e una maternità che arriva come uno schiaffo. Per Giusy Battain, insegnante di educazione fisica, oggi fondatrice e direttrice dell’associazione «ABC Bambini Chirurgici», tutto è iniziato con una diagnosi che ha cambiato la sua vita e il suo futuro: teratoma sacro-coccigeo, una malformazione rara, potenzialmente letale, che colpisce un bambino su 40 mila.
Era il 2004. Giusy aspettava il suo primo figlio, al sesto mese riceve la diagnosi, con un commento da parte dei medici, che è peggio di una doccia fredda: «Non abbiamo mai visto nulla del genere».
Oggi Riccardo ha 21 anni e sta bene. E la sua storia è diventata il seme di qualcosa che ha superato ogni attesa: un’associazione che accoglie, ascolta e sostiene centinaia di famiglie ogni anno. A partire da quella prima decisione, presa nella notte: dargli un nome forte.
Giusy, partiamo dal seme, messo a dimora dopo la nascita di suo figlio: la fondazione di «ABC Bambini Chirurgici». Da dove è nata davvero questa idea?
«Da una stanza d’ospedale. Mio figlio Riccardo è nato con una malformazione molto complessa. È stato operato a poche ore dalla nascita. E poi ancora, e ancora. In quei giorni mi sono sentita sola, spaventata, confusa. Avrei voluto qualcuno che mi spiegasse, che mi accompagnasse, che mi aiutasse a reggere il peso emotivo. Così ho pensato: “se non c’è, forse devo crearlo io”».
Perché il nome Riccardo?
«La sera prima del parto la chirurga, che poi l’indomani lo operò, mi chiese come si sarebbe chiamato mio figlio. Non lo sapevamo ancora. Avevamo smesso di immaginare, la letteratura scientifica riporta che può succedere in quei genitori che, prima della nascita, ricevono diagnosi difficoltose. Ma all’improvviso, senza pensarci, dissi: “Riccardo, come Cuor di Leone”. Mi serviva un nome forte per un bambino forte. Quel nome è diventato un faro (mentre siamo al telefono, le chiedo se sa quale sia il significato etimologico del nome di suo figlio. Così lo cerco su Internet e tutti i siti sono concordi: significa “potente e valoroso”. Non lo sapeva, si emoziona per questa “coincidenza”, ndr)».
Ha mai avuto paura?
«Tanta. Ma c’era anche un istinto potente, quasi animale, a proteggere e andare avanti. Credo che in ognuno di noi ci sia una forza che si attiva nei momenti più bui. Io ho cercato di trasformare quel dolore in qualcosa di utile. Avevo due strade: rimanere arrabbiata col mondo, oppure fare qualcosa di buono. Ho scelto la seconda».
Quando è nata ufficialmente «ABC Bambini Chirurgici»?
«Nel 2005 abbiamo cominciato i primi passi. Prima con la presenza fissa di uno psicologo in reparto. Poi, nel 2006, con l’apertura della prima casa accoglienza. Oggi ne abbiamo sei, tutte gratuite, tutte curate nei minimi dettagli. Non sono alloggi di fortuna: sono case vere. Perché anche la bellezza è terapeutica».