Nel cuore della notte, un altro devastante sequestro di gruppo di studenti. Nel mirino, una scuola cattolica il cui strazio allunga una tragica scia, nella Nigeria delle violenze endemiche. Ieri, a Papiri, nello Stato federale centro-occidentale del Niger, l’orrore è esploso ancor prima dell’alba, fra le 2 e le 3, nella scuola primaria e secondaria St. Mary: un commando, a bordo di una sessantina di veicoli, fra auto e motociclette, ha invaso il piazzale. Poi ha messo in atto il piano: l’obiettivo, i dormitori, per sequestrare giovani e altri membri della comunità scolastica. Il più possibile. A raccontare in mattina quanto successo è stata la diocesi di Kontagora, evidenziando che durante l’attacco è rimasto gravemente ferito un uomo della sicurezza. Secondo una dinamica già vista in altre occasioni, il commando è poi fuggito in direzione di vicine aree forestali. Il canale televisivo Arise News ha evocato inizialmente il numero di 52 studenti rapiti. Per altre fonti, il totale sarebbe invece di oltre trecento: 303 alunni e 12 insegnanti.
La diocesi ha espresso «profonda preoccupazione per la sicurezza dei bambini rapiti e delle loro famiglie». Secondo la stessa fonte, «le agenzie di sicurezza sono state immediatamente informate e hanno avviato sforzi coordinati per garantire che gli ostaggi possano tornare sani e salvi». In proposito, la polizia ha poi evocato il dispiegamento di unità proprie e dell’esercito per «rastrellare le foreste e mettere in salvo gli studenti rapiti». L’area dell’assalto, a ridosso del vasto lago artificiale di Kainji, confina con lo Stato federale di Kebbi. Proprio quello in cui lunedì scorso, in un’altra scuola secondaria, prevalentemente musulmana, erano state rapite 25 studentesse, una delle quali era poi riuscita a fuggire. Lo stesso giorno, nello Stato federale nord-occidentale di Zamfara, ancora 64 persone rapite, fra cui donne e bambini, direttamente nelle loro case. L’indomani, un altro dramma ha ancor più trasformato la settimana in quella del rinnovato allarme, anche internazionale, sulla violenza che devasta la Nigeria.
Martedì nello Stato federale centro-occidentale di Kwara, appena più a sud di quello di Niger, la Chiesa pentecostale di Eruku è stata assaltata durante una Messa ritrasmessa in streaming, con l’uccisione di due fedeli e il sequestro di altri 38. Secondo un addetto della comunità, gli assalitori hanno chiesto riscatti in moneta locale equivalenti a 69mila dollari a testa. Per precauzione, le autorità del Kwara hanno presto ordinato la chiusura di diverse scuole. Da giorni, una nuova spirale di violenza di alta intensità pare dunque abbattersi soprattutto lungo la fascia dei territori intermedi fra il nord nigeriano a forte dominante musulmana e il sud cristiano. Ma ricordando le dimensioni e la complessità etnico-religiosa del Paese, popolato da 230 milioni di abitanti che fanno capo a circa 200 diversi gruppi etnici, diversi studiosi invitano a una certa prudenza circa gli eventuali legami fra ogni singolo assalto. Dall’inizio dell’anno, secondo l’Acled, centro indipendente di ricerca sulle crisi basato negli Stati Uniti, la Federazione avrebbe già registrato 1.923 attacchi contro civili, con più di 3mila morti.
In non poche aree della Nigeria, dunque, si avverte la morsa crescente di una violenza endemica di natura anche «opportunistica» a scopo d’estorsione, da parte di bande che puntano ad obiettivi civili molto esposti, proprio come le scuole con dormitori. Nella Federazione, questo tipo di violenze si somma inoltre alla scia di sangue lasciata da famigerati gruppi terroristici jihadisti (in fase di assestamento su obiettivi più «redditizi» del jihad) come Boko Haram, a cui proprio ieri è stata attribuita un’imboscata con 10 morti, fra cui 9 volontari della sicurezza locale e un agricoltore, nel distretto nord-orientale di Gwoza, vicino al confine con il Camerun. Per via dell’emergenza, il presidente Bola Tinubu, musulmano di etnica yoruba, ha appena annullato la trasferta prevista in Sudafrica per il vertice dei G20. Proprio da Johannesburg, fra i messaggi internazionali di condanna delle violenze, ieri, pure quello della premier Giorgia Meloni. «Condanniamo con fermezza le rinnovate violenze avvenute oggi contro le comunità cristiane in Nigeria», ha detto la premier, precisando che «la libertà religiosa è un diritto inviolabile». Alla luce di ciò, «chiediamo al governo nigeriano di rafforzare la protezione delle comunità cristiane e di tutte le comunità religiose e di perseguire i responsabili di questi efferati attacchi. L’Italia esprime tutta la sua vicinanza alle vittime e alle comunità in Nigeria che oggi si sentono in pericolo per il loro credo religioso». Concetti analoghi ha espresso anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani: «Quanto sta accadendo oggi in Nigeria contro i cristiani è inaccettabile e profondamente doloroso. La sistematicità della persecuzione è inaccettabile: le violenze contro le comunità cristiane perpetrate da gruppi estremisti devono finire subito. Chiediamo con urgenza alle autorità nigeriane di intervenire per garantire sicurezza, giustizia e protezione alle minoranze religiose che vivono sotto la costante minaccia della violenza».