I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 22 novembre 2025.
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I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 22 novembre 2025.
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ANTONIO TAJANI
Antonio Tajani
Da città eterna a città operativa. Roma non è solo la culla della civiltà, del diritto e del carbonara pride: ora diventa anche la cabina di regia globale degli aiuti umanitari. Il cuore pulsante di una macchina chiamata Nazioni Unite, dove si decidono strategie e si impacchettano speranze. Non è solo logistica, è geopolitica umanitaria.
Nell’era dei tagli firmati Trump – che tra un tweet e un licenziamento ha ridotto l’Onu a far scattare una spending review da fare invidia a Mario Monti – l’Italia ha giocato la carta migliore. Ed ha vinto. Grazie alla regia della Farnesina e all’intuizione del ministro Antonio Tajani, 500 funzionari Unicef stanno impacchettando sogni e faldoni per traslocare da Ginevra a Parco de’ Medici, dentro la sede del World Food Programme.
Un ribaltone silenzioso ma epocale. Perché non si tratta solo di cambiare città ma di spostare il baricentro della solidarietà mondiale. Cibo, acqua, vaccini ma anche istruzione, salute e protezione: ogni missione dell’Unicef passerà per Roma, ogni kit salvavita porterà un po’ di Made in Italy morale.
Il puntello alla Pace
La sede di Ginevra
Gaza, Sudan, l’Africa che lotta ogni giorno per sopravvivere: da Roma partiranno le strategie per ricostruire, educare, nutrire. E se l’Onu scricchiola sotto il peso delle crisi e dell’inefficacia, allora puntellarla diventa un dovere. Anche perché senza un’Onu credibile, la pace resta un’utopia da calendario.
Roma sarà il nuovo cuore del multilateralismo. E non è poco, in un mondo dove ogni nazione tende a farsi i fatti propri. In questo, la capitale italiana ha mostrato di saperci fare. Anche senza frecciarossa diretto per Ginevra.
Roma, la città dove il mondo verrà a cercare risposte. E non solo monumenti.
Roma Caput Mundi (degli aiuti).
RIGHINI – MAURA – RENNA
da sinistra Sonia Ricci (Presidente Anbi lazio), Giancarlo Righini (Assessore Agricoltura del Lazio), Daniele Maura (Consigliere regionale), Andrea Renna (Direttore Anbi Lazio)
Ancora una volta hanno calzato gli stivaloni e sono scesi nella palude. Per comprendere il problema e bonificare. Far tornare l’acqua limpida all’interno degli argini, come avvenuto nelle settimane scorse ad Isola del Liri. O far tornare l’acqua, come in questo caso. L’assessore regionale Giancarlo Righini, il vicepresidente della commissione Sviluppo Daniele Maura, il direttore delle Bonifiche del Lazio Andrea Renna hanno affrontato di petto la questione della sorgente Capodacqua.
Un gioiello naturale, una linfa vitale per la piana agricola tra Castrocielo, Aquino e Piedimonte San Germano. Poi è arrivata la secca. Non solo quella meteorologica ma anche quella istituzionale, tecnica, progettuale. Campi aridi, raccolti a rischio, agricoltori che guardavano il cielo e le bollette con la stessa preoccupazione. Finché qualcosa si è mosso.
L’incontro a Castrocielo
Giancarlo Righini
Ieri, con l’incontro ufficiale al Comune di Castrocielo, qualcosa è cambiato. Niente foto di rito e promesse vaghe: al tavolo c’erano sindaco, vicesindaco, Acea, Consorzio di Bonifica e perfino l’assessore regionale Giancarlo Righini – anche se da remoto, ma va bene lo stesso, purché ci sia. Tema caldo, anzi caldissimo: riportare l’acqua dove l’acqua non c’è più.
Il progetto sul piatto è corposo: quasi 5 milioni di euro per captare, riqualificare e dare nuova linfa al sistema irriguo dell’intero comprensorio. Non una toppa, ma una strategia. Non solo tubi e ruscelli ma visione: quella di restituire al territorio una risorsa essenziale. E magari, perché no, valorizzare anche il monumento naturale della sorgente, che non è solo un bacino idrico ma anche un pezzo di identità locale.
Gioco di squadra
Daniele Maura (Foto © Stefano Strani)
A vincere oggi è il gioco di squadra. Perché tra enti, sigle, acronimi e piattaforme progettuali è emersa finalmente la volontà di fare sistema. Di passare dalla gestione dell’emergenza alla pianificazione del futuro. E non è poco, in tempi in cui troppo spesso si rincorre l’ultima crisi senza guardare alla prossima.
La sfida adesso è mantenere il ritmo. Non basta l’annuncio, serve il cronoprogramma. Non bastano le intenzioni, servono i cantieri. Perché un campo senz’acqua è un campo senza futuro, e un agricoltore lasciato solo è un pezzo di economia che si spegne.
Il ritorno dell’acqua.
FLOP
CARLO NORDIO

Gli è venuta malissimo, è evidente, e ci sono volte in cui – solo in iperbole – viene voglia di sposare la tesi ironica che adotta Marco Travaglio quando parla di Carlo Nordio. Il Direttore de Il Fatto Quotidiano spiega cn una puntina di curaro ogni tanto che le peggiori castroneria al Guardasigilli vengono nelle ore pomeridiane.
Celie e satira a parte resta un fatto: Nordio a volte non mette in fila nella maniera giusta il lessico con cui vorrebbe esprimere concetti di altro tipo da quelli che concepisce mentalmente.
E a volte fa guai pesanti. Specie se si trova in contesti importanti come la Conferenza internazionale di alto livello contro il femminicidio.
Gli viene malissimo
Rileggiamo con calma, ma con una premessa: questa frase la stanno decontestualizzando in molti, con titoli e virgolettati passati alla cesoia, ma la definizione migliore l’ha data Tiziana Panella durante la puntata di Tagadà di ieri su La7. La giornalista ha sentenziato: “Non gli è venuta bene, in effetti”. Ad ogni modo Nordio ha detto tra l’altro: C’è “una sedimentazione anche nella mentalità dell’uomo, del maschio, che è difficile da rimuovere perché è una sedimentazione che si è formata in millenni di sopraffazione, di superiorità”.
In buona sostanza il ministro della Giustizia del Governo Meloni avrebbe voluto dire che il sesso maschile, reduce tronfio da millenni di superiorità imposta all’altra metà del cielo, deve fare culturalmente il callo contro l’inoppugnabile realtà di un sesso femminile che deve possedere gli stessi diritti. Messa così sarebbe stata morbida, magari discutibile a livello cavilloso ma storicamente poco confutabile.
Nordio invece è andato oltre e si è giocato la briscola di una simbologia infelice: quella del Dna.
Così: “Quindi anche se oggi l’uomo accetta e deve accettare questa assoluta parità formale e sostanziale nei confronti della donna, nel suo subconscio il suo codice genetico trova sempre una certa resistenza“.
Il “subconscio genetico”
Foto: Sgt Jeffrey A. Wolfe / 1 CTCS / US National Archives
Ovviamente il ministro voleva alludere (si spera) alle difficoltà culturali di percepire una cosa giusta come corrente (o magari in corso d’opero avanzato, dato che la parità è ancora una chimera quasi ovunque) ma tirando in ballo la “genetica” ha lasciato intendere per un attimo che lui sia uno di “quelli”.
Di quei trogloditi cioè che individuano nella genetica la superiorità del maschio nei confronti della donna. Non lo pensa ed a noi piace pensare che non lo potrebbe pensare mai. Dopotutto parliamo di una persona di profonda cultura, ma non sempre cultura e senso critico vanno d’accordissimo.
Diciamo che stavolta ha solo usato le parole sbagliate per dire una cosa che non pensa… o no?
Conta, pensa, parla.



