“Il primo cantautore è stato Domenico Modugno. Vecchio frac ha aperto la strada a un certo tipo di canzone. Prima c’erano i papaveri e le paреre. Lui dimostrò che la canzone poteva raccontare una storia”, ha esordito così, Gino Paoli, in una recente intervista. Sgombra subito il campo con modestia, rifiutando l’etichetta di padre del cantautorato italiano.

A tu per tu con Aldo Cazzullo, parlando ai microfoni del Corriere della Sera, l’artista ha ripercorso le tappe salienti della sua carriera, partendo dagli inizi, dal suo primo successo, La gatta, il brano pubblicato nel lontano 1959. “La gatta è esistita, si chiamava Ciacola. Era furbissima. Siccome si sporgeva dalla finestra vicino al mare, una volta cadde di sotto, e si ferì a una zampa. Guarì subito, ma quando combinava i suoi disastri e mi accadeva di rimproverarla, Ciacola faceva gli occhioni e sollevava la zampa a mezz’aria, come se fosse ancora ferita. Irresistibile”, racconta.

Come la gatta, è esistita anche la donna alla quale si rivolge nella sua canzone più celebre, Il cielo in una stanza, del 1960. “Ebbi un amoretto con una pu**ana. Non ricordo il suo nome, ma ricordo che era molto carina. Mi piaceva proprio tanto, e lo piacevo a lei. Lei doveva lasciare Genova e mi chiese di seguirla. Ci pensai seriamente, ebbi grossi dubbi. Poi prevalse il senso del dovere: ‘mi dispiace tantissimo, ma debbo dirti di no’. Non l’ho mai rivista”.

Dopo Sapore di sale, uscita nel 1963, si trovò ad affrontare una crisi: “Sì, quella canzone è la prima crepa nell’Italia felice degli anni Sessanta. Sentivo che non sarebbe durata”. Nel corso degli anni non sono mancati i momenti difficili, Gino Paoli ha proseguito dritto per la sua strada. Oggi a 90 anni, non rimpiange neanche il suo stile di vita: “Il più malsano possibile. Per decenni ho fumato due pacchetti di sigarette e bevuto una bottiglia di whisky al giorno. L’ho detto a un convegno di gerontologi, studiosi della vecchiaia, e ho avuto dieci minuti di applausi. II mio medico mi vuole rigare la macchinа”.

Della morte non ha paura, però teme quella delle persone che ama. Impossibile non ricordare il figlio Giovanni, scomparso solamente di recente: “Un dolore che non ho ancora superato. Mi pesa molto parlarne. Un’ingiustizia atroce: deve morire prima il padre del figlio, dovevo morire prima di Giovanni. L’ho detto al prete che ha celebrato il funerale: Dio dov’è? Come può permettere che un padre debba seppellire un figlio?”.

Durante la chiacchierata con il quotidiano, c’è spazio pure per riprendere la polemica che lo ha visto protagonista qualche tempo fa, quando criticò apertamente le artiste di oggi. “Un tempo avevamo Mina e la Vanoni, adesso emergono le cantanti che mostrano il c**o”, aveva dichiarato, senza fare nomi.

Elodie si sentì ugualmente colpita: “Parlavo in generale, pensando non solo all’Italia. Giuro che non sapevo chi fosse Elodie. Poi mia moglie mi ha mostrato una sua foto. È una bella donna” – a proposito di Elodie, sapete perché non ha mai preso il diploma?.