di
Viviana Mazza
Incontro alla Casa Bianca dopo gli attacchi reciproci. E il presidente Usa: «Pronti ad aiutare New York»
DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
NEW YORK – Non è stato semplicemente un incontro «civile» come aveva previsto Trump in mattinata. Al presidente è piaciuto molto Zohran Mamdani, al punto che la tv di destra Fox osservava ieri sera che «JD Vance dovrebbe essere geloso, perché sembra che Trump voglia Mamdani come vice». Trump in passato aveva minacciato di tagliare i fondi federali se New York avesse eletto «quel comunista» (in realtà è un socialista democratico), ma dopo averlo incontrato ieri è arrivato a dire che «sarebbe totalmente a suo agio» a vivere a New York con Mamdani sindaco. «Sareste sorpresi da quante cose abbiamo in comune», ha aggiunto. «Sorprenderà i conservatori». Ha promesso di aiutarlo a «rendere New York di nuovo grande» e «Meglio andrà, più sarò felice».
Mamdani ha puntato su due cose per fare buona impressione: con una dose di adulazione — ma meno appariscente di tanti leader in visita — ha fatto capire che il proprio successo elettorale segue la scia di quello di Trump, dicendo che hanno in parte gli stessi elettori (e al presidente piace l’idea di essere popolare a New York) e perché al centro di entrambe le loro campagne elettorali c’è stata la lotta al carovita. Trump ha ricordato come gli elettori di Bernie Sanders votarono per lui (anziché per Hillary Clinton) nel 2016.
In secondo luogo, Mamdani ha fatto leva sul fatto che Trump è un immobiliarista, gli piace costruire: il presidente ha detto di aver trovato «interessanti» le idee del prossimo sindaco sulla necessità di costruire alloggi. E New York li ha uniti: Trump ha detto che essere sindaco di New York era un suo sogno.
Il presidente comunque era ben disposto perché stima i vincitori (e odia i perdenti) e Mamdani ha vinto, partendo dall’1%, come ha ricordato il presidente. Trump si è detto impressionato dalla calca di giornalisti fuori dalla Casa Bianca: «Vengono leader internazionali qui e non interessa a nessuno». E ha aggiunto: «Lui è diverso. Non è il tipico candidato che non ha nulla di eccitante». Stabilita l’intesa, Trump e Mamdani hanno parlato ai giornalisti l’uno seduto al Resolute Desk, l’altro in piedi alla sua destra, in completi blu, cravatte (rossa e e blu), ma l’uno con la spilletta della bandiera Usa e l’altro con l’anello del nonno ricevuto in Siria. Trump ha aiutato Mamdani ad evitare le domande più rischiose. Quando gli è stato chiesto se creda, come ha dichiarato una volta, che Trump sia un «fascista», il presidente è intervenuto per toglierlo d’impiccio: «È ok, rispondi di sì anziché stare a spiegare». Quando hanno chiesto a Mamdani perché sia arrivato in aereo anziché in treno o in autobus, il presidente è intervenuto spiegando che ha poco tempo e molto da fare. A una domanda sulle accuse passate di Mamdani al governo americano di aver contribuito al genocidio dei palestinesi, il sindaco ha replicato che si riferiva al «genocidio commesso dallo Stato israeliano e al nostro governo che lo finanzia, e ho espresso la preoccupazione che i newyorchesi vogliono che le loro tasse vadano a beneficio dei newyorchesi». Trump non ha detto nulla.
Sull’immigrazione, Mamdani ha detto che vuole collaborare col governo federale su 170 crimini seri, non su casi di «una madre e i figli» (si riferiva alla recente violenta irruzione degli agenti antiimmigrazione dell’Ice in una casa del Queens). Qui Trump si è limitato a un appunto: «Abbiamo parlato di crimine, piuttosto che di Ice».
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22 novembre 2025
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