Sembra un prezioso talismano scolpito da un’antica civiltà, e invece è il polveroso involucro che custodisce due stelle di Wolf-Rayet. Rivestimento costituito da quattro strati concentrici, che, a parte quello più interno, nessuno aveva mai visto. Fino a che il telescopio Webb non è andato a metterci il naso – ovvero, il suo specchio da sei metri e mezzo. Rivelando, per la prima volta, la struttura di gusci in espansione che impreziosisce il sistema stellare Apep, che non a caso prende il suo nome da una divinità egizia.

Apep, il sistema di stelle di Wolf-Rayet, immortalato dallo strumento Miri del James Webb Space Telescope. Si distinguono quattro polverosi gusci di polvere in espansione costituiti da carbonio. Il quarto, più fievole guscio, rasenta i bordi dell’immagine. Una terza stella, di tipo supergigante, è responsabile delle cavità che attraversano la struttura. Crediti:Nasa, Esa, Csa, Stsci; Y. Han, R. White. Elaborazione: A. Pagan

La scoperta è stata annunciata in un articolo uscito questa settimana su The Astrophysical Journal guidato da Yinuo Han, ricercatore di post-dottorato al Caltech di Pasadena, in California. «Guardare le nuove osservazioni di Webb è stato come entrare in una stanza buia e accendere la luce: tutto è diventato visibile», commenta. «C’è polvere ovunque nell’immagine di Webb, e il telescopio mostra che la maggior parte di essa è stata dispersa in strutture ripetitive e prevedibili». Le due stelle responsabili del fenomeno hanno un periodo orbitale particolarmente lungo per le stelle di Wolf-Rayet (190 anni) e durante la fase di avvicinamento, della durata di 25 anni, generano queste ondate di polvere. Dante era da poco passato a miglior vita, la guerra dei cent’anni sconquassava Francia e Inghilterra e la peste nera flagellava l’Europa, quando i due astri ignari degli umani eventi incominciarono a produrre le strutture che impolverano quest’immagine. Gli scienziati stimano infatti che i gusci immortalati da Webb sarebbero stati prodotti nel corso degli ultimi 700 anni.

Le strutture concentriche attorno ad Apep non sono l’unica sorpresa che ci ha rivelato Webb. Il poderoso telescopio infrarosso avrebbe infatti confermato anche la presenza di una terza stella, di tipo supergigante, che pure fa parte del sistema. Già dal 2018, utilizzando i dati del Very Large Telescope, i ricercatori avevano notato l’astro. Si sono dovute attendere le immagini di Webb per dimostrare che la terza stella fosse gravitazionalmente legata alle altre due.

Proprio questo corpo celeste bucherebbe gli strati di polvere in espansione a mano a mano che percorre la sua orbita, più ampia rispetto a quella delle stelle compagne. I tre astri non sono distinguibili e costituiscono un unico punto luminoso che accende il centro dell’immagine.

«Questo è un sistema unico nel suo genere, con un periodo orbitale incredibilmente raro», afferma Ryan White, primo autore di un secondo articolo che studia Apep, uscito sempre su The Astrophysical Journal. «La seconda orbita più lunga per un sistema binario Wolf-Rayet ricco di polveri è di circa 30 anni. La maggior parte ha orbite comprese tra due e dieci anni. La cavità [formata dalla terza stella, ndr] si trova più o meno nello stesso punto in ogni guscio e sembra un imbuto».

L’osservazione è stata realizzata con lo strumento Miri di Webb, sensibile all’emissione della polvere calda. Quando le due stelle si avvicinano, i violenti venti stellari si mescolano producendo e scagliando verso l’esterno cumuli di polvere ricchi di carbonio per circa un quarto di secolo. Nella maggior parte dei sistemi di stelle di Wolf-Rayet, questo fenomeno accade solo per pochi mesi.

Benché l’immagine possa suggerire una parvenza eterea, i gusci di polvere stanno avanzando intrepidi verso l’esterno, a una velocità fra i 2mila e i 3mila chilometri al secondo. Sono costituiti da carbonio amorfo – ovvero carbonio che non possiede una struttura cristallina regolare – e sono anche belli densi. «I granelli di polvere di carbonio mantengono una temperatura più elevata anche quando si allontanano dalla stella», aggiunge Han. Miri è l’unico strumento in grado di cogliere la loro fievole luce.

Secondo i ricercatori le due stelle di Wolf-Rayet hanno perso la maggior parte della loro massa e adesso sono grosse tra i dieci e i venti soli. La terza stella potrebbe avere invece una massa pari a cinquanta volte quella del Sole. Il futuro di Apep vedrà le stelle esplodere come supernove, riversando nel mezzo circostante grandi quantità di materiale. Non è da escludere che ciascuna delle stelle di Wolf-Rayet possa emettere un gamma ray burst, uno degli eventi più energetici dell’universo, e collassare in un buco nero supermassiccio.

Le stelle di Wolf-Rayet sono oggetti particolarmente rari. Si pensa che nella nostra galassia ne esistano appena un migliaio. Ancora meno sono i sistemi binari di stelle di Wolf-Rayet. Apep è l’unico noto nella Via Lattea. «Abbiamo risolto diversi misteri con Webb», conclude Han. «Il mistero rimanente è la distanza precisa delle stelle dalla Terra, che richiederà osservazioni future».

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