di
Marco Galluzzo

Dal G20 in Sudafrica gli alleati si stringono attorno a Kiev: niente concessioni su armi e confini

DAL NOSTRO INVIATO 
JOHANNESBURG – Nella città di Nelson Mandela, a 10 minuti di distanza dalle bidonville di Soweto, il dossier ucraino corre parallelo alle sessioni del G20, con la premier Giorgia Meloni che chiarisce la linea di Roma, sottolineando che «l’Italia è pronta a collaborare con europei e americani per raggiungere una pace giusta». Parole che arrivano prima della riunione di emergenza che si tiene su invito dei vertici della Ue e a cui la premier partecipa assieme al presidente francese Emmanuel Macron, al premier britannico Keir Starmer, al canadese Mark Carney, al cancelliere tedesco Friedrich Merz e ai leader di Norvegia, Giappone, Australia, Finlandia, Irlanda, Paesi Bassi e Spagna.

Nel comunicato che viene diffuso emerge chiaramente il tentativo dell’Europa di non farsi tagliare fuori da Washington e Mosca sul negoziato, e anche l’indicazione di una serie di osservazioni al piano statunitense. Passano poche ore e la Reuters conferma l’indiscrezione che esiste già una sorta di contro-piano europeo, non alternativo, ma di integrazione e correzione di diversi punti del piano di Washington che da oggi sarà discusso a Ginevra.



















































La giornata di Meloni scorre sulla falsariga di quella dei suoi colleghi europei, a margine del G20 si susseguono le riunioni, e al termine di quella che mette insieme l’Unione europea e i Paesi del G7 presenti in Sudafrica, come il Giappone, emergono tutti i distinguo sul piano di pace definito dalla Casa Bianca. Se nella dichiarazione firmata anche da Meloni si legge che vengono accolti «con favore i continui sforzi degli Stati Uniti per portare la pace in Ucraina» e che «la bozza iniziale del piano in 28 punti include elementi importanti che saranno essenziali per una pace giusta e duratura», dall’altra parte Parigi come Berlino, Roma come Londra, mettono nero su bianco tutti i punti che a loro giudizio vanno corretti.

In primo luogo «riteniamo che la bozza sia una base che richiederà ulteriore lavoro». Emergono i punti contenuti nel piano di pace europeo già consegnato sia alla diplomazia americana che agli ucraini: non va bene che l’esercito ucraino venga depotenziato, cosa che «renderebbe l’Ucraina vulnerabile ad ulteriori e futuri attacchi». Ma non va bene nemmeno la questione dei confini, che non possono «essere modificati con la forza». E questo insieme alla richiesta di definire garanzie di sicurezza molto chiare, con misure militari di deterrenza che abbiano la massima efficacia.

Nella prima giornata del G20 Meloni sottolinea che il processo negoziale non potrà escludere nessuno e che lei stessa è pronta a lavorare «sia con gli europei che con gli americani». Un concetto che vuole spazzare via i dubbi su un ruolo secondario dell’Italia nei confronti di queste ore fra le cancellerie europee.

Ed è una notizia il dato che emerge nel pomeriggio, e cioè che anche Roma sarà rappresentata in Svizzera al tavolo negoziale. Alle consultazioni previste oggi a Ginevra ci sarà anche il consigliere diplomatico del presidente del Consiglio, Fabrizio Saggio.

Nel frattempo dall’Italia arrivano giudizi, anche governativi, molto netti. Guido Crosetto, ministro della Difesa, dice esplicitamente che molti punti sono «inaccettabili». Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ribadisce che non vi può essere un percorso di pace senza l’inclusione dell’Unione, che ha messo le sanzioni contro la Russia. E questo mentre la Lega invece si smarca: «Confidiamo che nessuno a Bruxelles, a Parigi o a Londra ostacoli la ripresa del dialogo con l’obiettivo di prolungare guerra e morte».

E se la Meloni trova il tempo per un bilaterale con il primo ministro cinese Li Qiang (al quale partecipa anche il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti), oltre che con il collega canadese, il più duro fra gli europei è il presidente francese Macron, che critica il mancato coinvolgimento dell’Unione e che ricorda come «gli asset russi congelati siano detenuti dagli europei», che «l’integrazione dell’Ucraina nell’Unione è nelle mani degli europei» e che «sapere che cosa fa la Nato è nelle mani dei membri della Nato…». In conclusione: «Molte cose non possono semplicemente essere una proposta americana, richiedono una consultazione più ampia». Mentre il cancelliere tedesco Merz preferisce vedere il bicchiere mezzo pieno: «C’è una possibilità di porre fine alla guerra. Come tedeschi ed europei siamo pronti a partecipare a questo processo».

Da registrare infine la dichiarazione di Zelensky: dice che in Svizzera lavorerà con la Francia, la Germania, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti per avviare veri negoziati. Non cita l’Italia, ma è un caso che la nostra diplomazia minimizza, visto che ai colloqui di Ginevra siederà anche un rappresentante del nostro governo.

23 novembre 2025 ( modifica il 23 novembre 2025 | 09:45)