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Gaia Piccardi, inviata a Bologna
Berrettini e Cobolli si conoscono fin da quando sono bambini, Sonego è allenato dall’ex coach di Matteo: ecco il segreto della terza Coppa Davis consecutiva. E ora la Federazione non vuole fermarsi: «Vogliamo gli stessi diritti del calcio: Cobolli non ha nulla in meno di Scamacca»
L’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale. Sarebbe piaciuto a Lucio Dalla il viaggio a fari spenti nella notte di Bologna di questa Italia operaia salita per la terza volta di fila sul tetto di un mondo chiamato Davis, la prima in casa, la quarta della nostra storia a 49 anni dalla forzatura dell’embargo politico imposta da Nicola Pietrangeli, l’antenato che non ce la fa più a essere qui con noi: andare in Cile, sfidare Pinochet con le magliette rosse, farci amica una signora nata nel 1900, fascinosa ma inevitabilmente irriconoscibile.
In Coppa Davis vince l’Italia degli amici
L’Italia degli amici, di Matteo Berrettini e Flavio Cobolli che si conoscono da bambini, di Lorenzo Sonego oggi allenato dall’ex coach di Matteo, quel Vincenzo Santopadre che condivide esperienze e conoscenze con Cobolli senior, padre di Flavio, l’Italia formato famiglia senza glamour né riccetti rossi, anzi puzzolente di alcool mentre i tappi di spumante saltano in aria come gli avversari, ce l’ha fatta in sordina, cuore oltre l’ostacolo e olio di gomito. «Alla Germania non è bastato il n.3 Zverev, l’anno scorso la Spagna di Alcaraz uscì nei quarti: non è scontato vincere con il grande campione — sottolinea capitan Volandri, al timone della compagnia dei celestini dal 2021 —. Ci eravamo dati cinque anni per conquistare la Davis ma i giocatori sono andati più veloci di me. Il segreto della Nazionale sono loro».
La nostra ricetta, senza n.1 (Sinner) e n.2 (Musetti) italiani, è l’orgoglio di Berrettini, che a 29 anni suonati si rifiuta di essere un vecchio arnese e chiama a rapporto ogni (fragile) fibra muscolare del corpo per inchiodare con due break Pablo Carreno Busta alle sue fragilità (11ª vittoria in azzurro); ma la vera arma di distruzione si chiama Flavio Cobolli, il ragazzo che sembrava destinato alla fascia della As Roma e invece si scopre leader a 23 anni di una squadra di cui potrebbe essere la mascotte, nell’arco di un weekend che non scorderà mai più. «Mi ricorderò per sempre di Filippo che mi viene incontro, di Matteo che scavalca per entrare in campo, dei ragazzi che arrivano di corsa dagli spogliatoi. È da giorni che lo dico: sto vivendo il sogno più bello della mia vita» sorride con gli occhi lucidi di stanchezza e la febbre addosso dell’eroe uscito vivo dalla battaglia, anzi due: i sette match point annullati al belga Bergs in semifinale, i sette match point serviti per arginare le ambizioni di Jaume Munar ieri in un match cominciato malissimo, rimontato con rabbia antica e finito in paradiso.
Non sarà più la vera Davis, però questa ammucchiata di Paesi sotto il cielo di Bologna è stata una bellissima festa di popolo, bandiere, emozioni collettive affidate a chi durante l’anno è accecato dalla luce abbagliante di Sinner, il gigante onnivoro che a volte rischia di divorare anche i suoi figli. Il presidente federale Binaghi scherza, ma non troppo: «Aveva ragione Jannik: non avevamo bisogno di lui per conquistare questa coppa. Siamo uno squadrone!». Little Big Italy si terrà l’insalatiera per un altro anno, mentre nuovi obiettivi compariranno sui radar di un tennis capace di sconvolgere il palinsesto di Raiuno, posticipare il Tg1, abbattere il totem Domenica In: «Il sogno diventa vincere gli Internazionali d’Italia al Foro Italico cinquant’anni dopo Panatta — confessa Binaghi —, con Jasmine Paolini ce l’abbiamo già fatta tra le ragazze. Chiediamo alla Rai, d’ora in poi, di riconoscerci i diritti garantiti al calcio perché Cobolli non ha nulla in meno di Scamacca. E Sinner e Musetti, a Torino, sono stati la nostra Nazionale di tennis». Non c’è limite alla capacità di espansione di una disciplina che non si mette paletti, la Davis una settimana dopo le Finals, immaginandosi Roma quinto Slam, a patto di spezzare il monopolio ultracentenario dei Major. Bologna si conferma sede delle finali di Davis per altre due anni e promette il nuovo palazzetto della Virtus come sede dal 2026. La formula non cambierà. Prendere o lasciare. Prendiamo tutto, che domande.
24 novembre 2025
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