di
Alessandro Fulloni
Ottant’anni dopo la fine della guerra, la Procura di Dortmund indaga su un’ex guardia — ancora vivente che avrebbe commesso efferatezze nel «campo della morte» in cui furono internati migliaia di soldati in grigioverde
L’omicidio non si prescrive. Ottant’anni dopo la fine della guerra, la Procura di Dortmund sta indagando su un’ex guardia — ancora vivente: ha 100 anni ma le sue generalità non sono note, riferisce il quotidiano Bild che ha dato la notizia — di un campo di prigionia, lo Stalag VI A di Hemer (Renania Settentrionale-Vestfalia). Si tratta di una struttura tristemente celebre come «campo della morte» per via delle efferatezze cui erano sottoposti i malcapitati, tutti soldati che avevano combattuto i tedeschi: britannici, francesi, belgi, polacchi. E poi quelli trattati peggio, i sovietici (gli «Untermenschen», i subumani) e gli italiani: ovvero i «badogliani», i «traditori».
Tra il 1939 e il 1945, oltre 200.000 prigionieri di guerra furono rinchiusi in quei baraccamenti circondati da filo spinato e mitragliatrici. Circa 24.000 militari morirono a causa delle condizioni disumane o furono assassinati dalle guardie. Secondo alcune stime (ma è probabile che siano al ribasso, molto) furono almeno 200 i nostri soldati che perirono nello Stalag, su un totale di circa 15.000 ragazzi in grigioverde che ne furono «ospiti». «Stiamo parlando di coloro che dissero no al regime nazifascista, quelli che si rifiutarono di combattere per Hitler e Mussolini» racconta a Corriere.it lo storico Mario Avagliano, autore con Marco Palmieri de «I militari italiani nei lager nazisti», esaustivo saggio sulla «Resistenza senz’armi» condotta da 650mila soldati che, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, furono catturati e deportati dai tedeschi.
«In 50.000 non fecero ritorno — racconta Avagliano —. Essendo classificati come Imi, internati militari italiani, anziché come prigionieri di guerra, erano sottratti dalle garanzie della Convenzione di Ginevra che vietava i lavori forzati e assicurava l’assistenza della Croce Rossa Internazionale». C’era la «volontà di punire i traditori — spiega lo storico — perché si rifiutavano di aderire all’esercito della Repubblica sociale di Mussolini e anche la necessità di avere manovalanza». Schiavi, in sostanza. Nel caso di Hemer, «il lavoro coatto si svolgeva in particolare nelle miniere della Ruhr con turni e orari massacranti, anche più di 12 ore al giorno».
Ma l’indagine sul centenario? Andreas Brendel, procuratore capo della procura di Dortmund, ha dichiarato alla Bild che «l’imputato è accusato di essere stato coinvolto in omicidi nello Stalag VI A di Hemer dal 6 dicembre 1943 fino almeno al 22 settembre 1944, mentre prestava servizio come guardia». L’inchiesta non sarebbe ancora completa. Per il magistrato «è in corso». E per il momento non ci saranno «ulteriori informazioni».
L’accertamento è stato avviato dall’Ufficio centrale dell’Amministrazione giudiziaria statale per le indagini sui crimini nazisti di Ludwigsburg (Baden-Württemberg). Ma ancora non si sa sulla base di quali denunce, anche se il diffusissimo quotidiano tedesco parla di «omicidi da parte di guardie sadiche».
Dopo la conclusione delle indagini preliminari sulla guardia giurata, il caso è stato trasferito alla Procura di Dortmund, responsabile principale del perseguimento dei crimini nazionalsocialisti nella Renania Settentrionale-Vestfalia. «Le condizioni nel campo principale di Hemer – scrive la Bild – erano catastrofiche: sovraffollamento, servizi igienici inadeguati, parassiti. E malattie come dissenteria e tubercolosi dilagavano. I prigionieri erano malnutriti (solo 250 grammi di pane al giorno) e costretti a svolgere lavori pesanti, anche nelle miniere. Lavori forzati e la fame uccisero sistematicamente i prigionieri».
Uno dei nostri soldati che sopravvisse al «campo della morte» si chiamava Tommaso Pizzuti, era di Ceccano e più volte ha raccontato di quando una volta si sfamò mangiando la carogna di un gatto morto. Tommaso si è spento pochi mesi fa, a quasi 107 anni. Era il 25 aprile.
24 novembre 2025 ( modifica il 24 novembre 2025 | 11:09)
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