di
Vera Martinella

L’esperienza dell’ex premier britannico David Cameron: «Se posso aiutare altri a non ignorare i segnali o rimandare un controllo, allora vale la pena parlarne». Aspettare o intervenire subito? Le cure oggi si possono scegliere

«Se posso aiutare altri a non ignorare i segnali o rimandare un controllo, allora vale la pena parlarne». È questo che ha spinto l’ex premier britannico David Cameron a raccontare, in un’intervista al Times, di aver ricevuto una diagnosi di tumore alla prostata l’anno scorso per il quale si è già curato con successo.

Come lui, secondo le statistiche pubblicate nel Regno Unito pochi mesi fa da una coalizione di 60 associazioni oncologiche che chiedeva al governo un impegno maggiore in prevenzione, entro i prossimi 15 anno ogni due minuti un cittadino britannico si ammalerà di cancro e proprio quello alla prostata è destinato a diventare il più diffuso



















































Diagnosi precoce e test del Psa

L’ex primo ministro del Regno Unito fra il 2010 e il 2016 ha detto di essersi sottoposto, su spinta della moglie, a un test del Psa: «Un test di semplice esecuzione perché avviene tramite un normale prelievo di sangue (che misura l’antigene prostatico specifico) e viene oggi consigliato agli uomini a partire dai 50 anni – spiega Giuseppe Procopio, direttore del Programma Prostata e dell’Oncologia Medica Genitourinaria Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano -. Valori elevati di Psa non indicano obbligatoriamente la presenza di un tumore, ma che qualcosa non va a livello prostatico: può trattarsi infatti di un’infiammazione (prostatite) o di aumento del volume della ghiandola (ipertrofia)».
I valori di Cameron, come lui stesso ha raccontato, erano elevatissimi per cui l’iter dei controlli è proseguito: «Se il valore del Psa e l’esplorazione rettale durante la visita urologica danno luogo a un sospetto di neoplasia prostatica, oggi si prescrive una risonanza magnetica multiparametrica che è in grado di distinguere noduli benigni da quelli probabilmente maligni, che necessitano davvero di una biopsia – chiarisce Rolando Maria D’Angelillo, presidente della Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO) –. E’ poi in base all’esito della biopsia che si decide quale terapia è indicata nel singolo caso. Se serve una terapia».

Dopo anni di discussioni e la raccolta di una vastissima mole di dati, la comunità scientifica ha trovato un accordo sul test del Psa come strumento di prevenzione: «È utile e va consigliato agli uomini a partire dai 50 anni, ma è fondamentale che la sua esecuzione venga dai medici prescritta seguendo ben precise linee guida e che sia chiaro quali sono i vantaggi e i limiti del test chiarisce Procopio -. Gli uomini che hanno familiarità dovrebbero iniziare tra i 40 e i 45 anniLa Comunità Europea lo ha inserito negli esami raccomandati per la diagnosi precoce dei tumori».

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Aspettare o intervenire subito

Le linee guida europee sono state applicate anche nel caso di David Cameron. Al test del Psa è seguita, infatti, la risonanza e, una volta confermata la presenza del tumore, l’ex premier si è trovato di fronte a un bivio molto comune: attendere e monitorare l’evoluzione o intervenire subito.
«Sono le opzioni prese in considerazione quando si deve affrontare un carcinoma in stadio iniziale, di piccole dimensioni e poco aggressivo – spiega D’Angelillo -. Grazie alla diffusione della diagnosi precoce, anche in Italia oggi il 90% dei carcinomi prostatici viene individuato ai primi stadi, quando il carcinoma è localizzato e non ha ancora dato metastasi. In queste circostanze non esiste una “cura migliore” in assoluto, universalmente valida per tutti i pazienti. La scelta fra chirurgia, radioterapia, brachiterapia e sorveglianza attiva dovrebbe essere condivisa con i pazienti, per decidere qual è l’alternativa migliore per la propria situazione, valutando anche le probabili conseguenze indesiderate».

Cos’è la sorveglianza attiva? «Con la sorveglianza attiva si propongono, alla persona colpita da tumore di piccole dimensioni e minima aggressività, esami e controlli periodici — risponde Procopio —. Questa vale per tutta la vita o fino a quando la malattia non modifica le sue caratteristiche iniziali. Il che permette di evitare o di dilazionare il trattamento attivo e quindi i relativi effetti collaterali (primi fra tutti incontinenza e disfunzione erettile), al momento della modifica delle caratteristiche iniziali della malattia».

Non trascurare i possibili sintomi

L’ex premier britannico ha optato per  un trattamento mirato e poco invasivo: una terapia focale che utilizza impulsi elettrici trasmessi tramite sottili aghi per eliminare le cellule cancerose. «Si chiama elettroporazione ed è molto diffusa in Gran Bretagna – spiega Nicolò Maria Buffi, direttore della Scuola di specializzazione in Urologia di Humanitas University a Milano -. E’ una delle fonti tecniche  possibili utilizzate per la terapia focale, ma ce ne sono altre (crioablazione, tecnologia a ultrasuoni focalizzati ad alta intensità (HIFU), laser interstiziale). Tutte opzioni disponibili anche in Italia, scelte in base alla alla posizione del tumore e alla situazione del singolo paziente purché abbia un carcinoma di piccole dimensioni, ai primi stadi. Possono essere un‘alternativa al trattamento radioterapico o all’intervento chirurgico». 

Oltre al test del Psa e alla visita urologica annuale, per arrivare presto a intercettare un possibile tumore è bene non ignorare le possibili avvisaglie: 
«Si dovrebbe parlare con un medico in caso di disturbi quali: difficoltà a iniziare la minzione, flusso urinario debole, necessità di spingere durante la minzione, incompleto svuotamento della vescica, elevata frequenza delle minzioni, urgenza di svuotare la vescica e presenza di minzioni notturne – conclude Buffi -. Avvisaglie tipiche di un tumore, ma anche di infiammazioni e ipertrofia». 

24 novembre 2025 ( modifica il 24 novembre 2025 | 17:27)

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