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La Procura di Milano ha chiesto una condanna di un anno e otto mesi per Chiara Ferragni per le vicende del ’Pandoro Gate’ e delle uova di Pasqua. L’imprenditrice digitale è accusata di aver ingannato i consumatori con campagne commerciali benefiche, ottenendo un profitto illecito e benefici di immagine non quantificabili. La richiesta del pm Cristian Barilli e dell’aggiunto Eugenio Fusco – intervenuti oggi con la loro requisitoria davanti al giudice Ilio Mannucci Pacini – tiene conto del rito abbreviato (che prevede lo sconto di un terzo della pena). «Abbiamo agito in buona fede, nessuno ha mai lucrato», ha detto l’imprendtirice digitale in una serie di dichiarazioni spontanee in aula.

L’influencer è arrivata molto presto – ed è riuscita ad evitare le telecamere – per assistere all’udienza a porte chiuse. Il procuratore aggiunto e il pm hanno chiesto di condannare a 1 anno e 8 mesi anche l’ex braccio destro di Ferragni, Fabio Damato. Chiesto un anno invece per il patron e ad di Cerealitalia, Francesco Cannillo. Il processo ripartirà il prossimo 19 dicembre quando prenderanno parola le difese. Il Tribunale intanto ha ammesso la costituzione di parte civile della Casa del Consumatore che, con l’avvocato Aniello Chianese, avanza richieste di risarcimento ma non ha ancora quantificato la cifra.

L’accusa

Per la procura, l’influencer avrebbe dunque ingannato i consumatori e avrebbe ottenuto, tramite le due campagne commerciali, un ingiusto profitto di circa 2,2 milioni di euro, oltre che benefici non calcolabili “dal ritorno di immagine”. In particolare, l’operazione ’Balocco’ avrebbe indotto “in errore un numero imprecisato di acquirenti” convinti che con il proprio acquisto Pink (al prezzo di 9,37 euro invece di 3,68 euro del prodotto tradizionale) avrebbero finanziato la raccolta fondi a favore dell’ospedale Regina Margherita di Torino. L’accordo, invece, si è rivelato diverso, a dire della procura: le società Ferragni hanno incassato poco più di un milione di euro per pubblicizzare via Instagram l’iniziativa benefica per la quale la società Balocco aveva destinato 50mila euro a favore dell’ospedale, indipendentemente dalle vendite.

Un presunto “errore di comunicazione” che si sarebbe verificato anche nel secondo caso contestato.

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