Dopo Ginevra, ma soprattutto dopo l’incontro negli Emirati Arabi Uniti, si respira un certo grado di ottimismo. Ma quelli che i delegati statunitensi continuano a definire “dettagli” rischiano di rivelarsi scogli difficilmente superabili. Quantomeno con le tempistiche immaginate dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

LA LINEA DI CONTATTO

Il primo elemento di attrito emerso dalla bozza russo-americana riguarda la cessione dei territori da parte di Kiev. L’obiettivo di Vladimir Putin è chiaro: fare in modo che l’Ucraina ceda non solo le aree occupate dai russi ma anche altre che fanno parte delle regioni ritenute da Mosca parte del proprio territorio. Su questo punto, Washington sembra avere fatto marcia indietro. Il negoziato, a detta dei delegati Usa e ucraini, partirà dalla “linea di contatto”, con un congelamento della linea del fronte. Ma questa clausola si basa inevitabilmente su una condizione: che si fermino le armi e si riesca a definire quale sia questa linea.

La questione dei territori si unisce poi a un tema forse ancora più delicato: il futuro dell’Ucraina. E sotto due punti di vista. Il primo è quello economico, e riguarda la ricostruzione e come questa sarà finanziata. Washington immaginava l’uso solo di una parte degli asset russi congelati, con alcuni beni restituiti a Mosca. L’Europa invece, come ha ribadito il presidente francese Emmanuel Macron, vuole avere voce in capitolo e ci si aspetta una soluzione nei prossimi giorni. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha detto che questo è un nodo cruciale. Ma il problema è anche quello di appianare le divisioni interne all’Ue, con alcuni Paesi membri, soprattutto il Belgio, contrario all’uso degli asset, mentre altri che ritengono sia l’unica opzione percorribile per non gravare sulle casse del Vecchio Continente.

LE ARMI

L’altro tema del futuro ucraino è poi quello militare e strategico. La prima bozza prevedeva un numero massimo di soldati difficilmente digeribile per Zelensky, che non può accettare che la sovranità, sostenuta nel piano Usa, possa essere messa a dura prova da un limite alle forze armate. Da ieri sembra che sia prevalsa una linea di compromesso: mantenere un tetto ma fino a 800mila soldati. L’idea sembra avere fatto breccia anche tra i funzionari ucraini più restii. Ma a fronte di un numero massimo di militari e forse anche di un limite alle armi negli arsenali ucraini, l’Occidente deve rassicurare Kiev riguardo la sua futura sicurezza. Le garanzie, finora, non sono ancora state definite nel dettaglio. In una prima fase, si è parlato di un meccanismo sostanzialmente identico all’articolo 5 della Nato, quello che prevede la mutua difesa degli alleati. Altri impegni sono apparsi molto aleatori se non addirittura indefiniti. Tra i “Volenterosi” continua a ipotizzarsi di una forza multinazionale che supporti Kiev, ma è uno scenario che rischia di vedere il secco rifiuto di Mosca, specialmente con contingenti di Paesi Nato. E questo implica anche il tema dei futuri rapporti tra il Cremlino e l’Occidente, quindi non solo gli Usa, ma anche l’Alleanza atlantica e l’Unione europea. Trump vorrebbe reinserire da subito la Russia nel consesso internazionale, anche per attivare immediatamente gli accordi commerciali immaginati con Putin. L’Europa ha molti più dubbi, perché rivedere Mosca al G8 sembrerebbe un premio all’invasione. Putin non ha mai negato che questa guerra sia stata anche il frutto della sua idea di vedere riconosciuto un ruolo di superpotenza alla Federazione. E l’idea di una “nuova Yalta” con Cina e Stati Uniti solletica da sempre lo “zar”.


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