Inter regina degli sprechi
(Paolo Tomaselli, inviato a Madrid) L’anima d’acciaio più resistente è sempre quella dell’Atletico Madrid, che al 93’ con un colpo di testa su corner dell’uruguagio Gimenez vince la sua dodicesima gara delle ultime tredici di Champions al Metropolitano. E l’Inter, che la partita la poteva anche vincere come domenica scorsa nel derby, torna a casa con altri dubbi, facce scure e un capitano come Lautaro che esce scuotendo la testa poco prima della mezzora della ripresa. Anche qui l’Inter domina a lungo e crea pericoli, prende una traversa in apertura di ripresa con Barella e dopo la lussuosa risposta di Zielinski al gol iniziale di Alvarez mette in valigia una sconfitta che a conti fatti sembra immeritata.
Ma se dopo la testa del campionato la squadra di Chivu perde anche quella del maxi girone di Champions, allora la storia della squadra bella e sfortunata può reggere — perché sia in Italia che in Europa tutto è ancora ovviamente molto aperto — ma di sicuro non può durare troppo a lungo: questa versione «dominante con equilibrio» dei nerazzurri plasmata da Chivu deve fare i conti anche con il materiale tecnico a disposizione, che non sembra così adatto a proporre questo atteggiamento su tutti i campi e a tutte le latitudini.
Il percorso, secondo le parole sempre molto sentite del giovane tecnico, è tracciato. Ma cinque sconfitte in 17 partite alimentano insicurezze e malumori — la faccia di Lautaro parla da sola — e questa doppia beffa tra Milan e Atletico può lasciare il segno. Soprattutto in certi giocatori.
Un’altra palla persa in modo maldestro da Calhanoglu, un branco di avversari pronti a sbranarti, una difesa presa in controtempo (Bastoni fa crossare Simeone, Augusto non sale) e l’Inter dopo una manciata di minuti ha l’espressione attonita di Bill Murray nel «Giorno della marmotta», il vecchio film in cui ogni cosa si ripete tale e quale. Alvarez segna dopo un tocco di braccio di Baena, che gli confeziona l’assist. E ci vogliono tre minuti a Letexier (che aveva annullato) per capire che si tratta di una carambola del pallone, che tocca prima il corpo del giocatore. Il gol quindi è buono, ma l’Inter che aveva già avuto due grosse occasioni in avvio con Dimarco trova la forza per provare a stracciare il copione della squadra bella e sciupona che si fa infilare alla prima occasione dai maestri artigiani del contropiede. A inizio ripresa un triangolo perfetto Zielinski-Bonny-Zielinski scardina il forziere spagnolo e tra un brivido e l’altro — e cambi non tutti riusciti — dà la forza ai nerazzurri di cercare il raddoppio, pur rischiando ogni volta che la palla viene persa e la riaggressione avviene in modo confuso. Il pari sarebbe un punto di ripartenza pesante, anche dal punto di vista «ideologico». Invece la difesa a zona sui corner dà un altro dispiacere. Dal sapore diverso rispetto a quello del derby. Forse persino peggio.