Sull’onda della storia dei «bambini del bosco» abbiamo ricevuto tante mail e messaggi a commento di questa vicenda, al centro del dibattito pubblico da mesi. Ne pubblichiamo una che ci ha particolarmente colpiti:

«Gentile Redazione, sono anch’io una bambina cresciuta parzialmente nel bosco. Fino a vent’anni fa la casa dei miei nonni nel biellese aveva il pozzo e la latrina esterna. Il bagno lo si faceva in una tinozza di latta, di cui mia nonna copriva l’interno con un lenzuolo.

All’interno ci scaldavamo e scaldiamo, quando siamo lì, con quella che chiamano stufa a legna o cucina economica. Chi non ha mai cucinato così non sa com’è migliore il cibo. In questa casa magica costruita dalle fondamenta da mio bisnonno, mio padre e mia madrina hanno trascorso lo sfollamento ed innumerevoli ore felici del dopo guerra, io e le mie cugine tutte le estati, i weekend e le festività della nostra infanzia, i miei figli idem.

Ho studiato, viaggiato, lavorato tra le altre mansioni come editor per la Oxford University Press di New York e non c’ è luogo in cui voglia tornare se non alla mia casa nel bosco. Se sono arrivata dove sono arrivata è grazie al mio contatto con la Natura. Le vicende dell’enfant sauvage o di Ishi l’ultimo della tribù degli Yahi, sono esemplari di come l’uomo cresciuto a contatto con la Natura non possa sopravvivere senza di essa.

Mi si riempie il cuore di paura e tristezza al pensiero del trauma e violenza psicologica che stanno subendo questi bambini altrimenti felici aggrediti da una burocrazia selvaggia, ignorante e disinformata. In California le élites mandano i figli nelle scuole nel bosco e li tengono assolutamente lontani dalla tecnologia. Chi deve essere salvato non sono i bambini che vivono tranquilli tra la Natura ma quelli che ancora infanti siedono nel passeggino con il cellulare in mano.

Grazie del vostro importantissimo lavoro per difendere i diritti dei bambini di cui nessuno veramente si cura (perché non sono voti) e allora possono anche morire come le mosche in queste guerre assurde».

Cordialmente, Bona Flecchia