Formidabili quegli anni, in cui l’America era (ed esportava) un modello. E formidabile quell’arte (finalmente un’Arte in un paese così giovane) che era parte del modello e insieme ne dava una chiave di comprensione nascosta in uno scrigno di codici interpretativi. Ne sono passati quaranta, cinquanta, sessanta ed è tempo che il seme non solo artistico di quel tempo, di quell’epoca sia custodito, coltivato e tramandato: al riparo dal presente di un’America che fa a pezzi ali della Casa Bianca sostituendole con saloni per ricevimenti, colonne e capitelli, soffitti a cassettoni e facciata neoclassica. Al più qualche ritratto dell’onnipotente pro tempore, magari e almeno li avesse dipinti Andy Wharol, con la chioma e il grugno, un po’ Mao un po’ Marilyn Monroe… Mentre questi Stati Uniti autodistruggono un’idea di sé che, pur discussa, aveva conquistato il mondo senza minarne il cammino pacifico verso un complicato progresso, succede sia una piccola e intelligente città italiana a prendere in consegna una collezione d’arte made in Usa unica al mondo, che racchiude in sé il senso del secondo dopoguerra occidentale e la sua più nitida e popolare espressione culturale. Sonnabend Collection, un centinaio di opere della pop art e non solo, da Robert Rauschenberg a Claes Oldenburg e Jasper Johns, da Roy Lichtenstein a Jeff Koons e Jim Dine passando per l’Europa di Anselm Kiefer, A. R. Penck, Gilbert & George fino all’Italia, vivrà da venerdì stabilmente a Mantova. In un medievale Palazzo della Ragione, nei secoli sede di comune, tribunale e mercato: della vita e dei valori di una comunità che sarà poi culla architettonica del Rinascimento, indossando due capolavori assoluti e assolutamente pre-pop come la Camera degli sposi di Andrea Mantegna a Palazzo Ducale e la Sala dei giganti di Giulio Romano al Te.
Una case history di politica culturale. Un tesoro privato costruito nei decenni da Ileana Sonnabend, nata Shapira da una famiglia ebrea rumena, istrionica dea ex machina della meritata fortuna per tutti i grandi nomi del movimento artistico newyorchese dagli anni ’50, gallerista e manager, confidente e ispiratrice già dall’amore diciassettenne e dall’intesa professionale con il primo marito Leo Castelli, triestino partito col bastimento per aprire il mercato dell’arte sotto la Statua della Libertà e poi dominarlo.
l’asta da Sotheby’s
Ritratto di Elizabeth Lederer di Klimt venduto per 236 milioni di dollari. Delude Cattelan
A CURA DELLA REDAZIONE
19 Novembre 2025
Una collezione personale cresciuta in decenni di incontri e amicizie che, alla morte nel 2007, la Fondazione a suo nome volle trovasse casa in Italia, nei luoghi che Ileana e il secondo marito Michael amavano. Lui letterato patito di Dante, lei curiosa dei fermenti locali così in dialogo con il clima di oltre oceano, che lei coglieva nei lavori di Schifano (se ne tornò da Roma con la delusione di una galleria mai aperta, ma con un bagaglio di suoi quadri da far conoscere nella Grande Mela). Oppure di Pistoletto, Zorio, Merz, Anselmo, Paolini che nelle sale di Mantova avranno un posto di rilievo: l’arte povera sorella dell’arte dei consumi di massa, l’essenzialità degli elementi a braccetto con l’euforia dei colori pastello e lei a fare da ponte anche per la fama degli autori italiani nell’altro mondo. Malinconica e irrequieta Ileana, che aveva già tentato di rilanciare a Parigi i nomi di Kandinskij, Dubuffet e Mondrian così come aveva dato respiro sia all’espressionismo astratto di Pollock sia al pop che ne divenne il contraltare anche ideologico. Come se facesse suo il pensiero di Lichtenstein, che ingrandiva esagerando le strisce a fumetti per bambini fino a svelare la retinatura della stampa e dare loro un peso artistico: «Non mi interessa raccontare una storia, io mi curo di rappresentare i mezzi usati per farlo». Dilatare la conoscenza di opere che impersonavano il presente fatto di immagine e di serialità, ma capaci insieme di essere contenuto e originalità. Un’Arte senza nulla di celebrativo dell’epoca, per quanto felice, anzi: autoironica e autocritica, al riparo sempre dal confronto con la produzione di regime o compiacente.
C’era l’America in nuce, in quei quadri, con tutte le sue contraddizioni però libera, anche di sbagliare. Trovò casa a Venezia, come un turista ricco ma qualsiasi: era altro e infatti gli anni a Venezia non furono felici come il figlio adottivo Antonio Homem sognava e sperava, le opere avevano una collocazione marginale nel panorama ipertrofico e spesso confuso della città della Biennale, tra scantinati ed esposizioni temporanee.
new york
Frida Kahlo, autoritratto battuto all’asta per quasi 55 milioni di dollari
21 Novembre 2025
Da qui la ricerca di un altrove diverso, l’incontro con il sindaco di Mantova Mattia Palazzi e i suoi mantra: «Mantova è un piccolo luogo capace di grandi imprese, prima capitale italiana della cultura nel 2016, di una cultura viva che costruisce civiltà e valore: se stiamo stati luogo d’elezione dell’umanesimo nel Rinascimento dobbiamo entrare nella mappa internazionale del nuovo umanesimo con l’arte contemporanea». Un paio d’anni di abboccamenti e garbugli da sciogliere, poi l’intesa: il mondo Sonnabend concede per 12 anni (ma con l’auspicio reciproco di rinnovare il patto) il suo patrimonio; Mantova mette a disposizione Palazzo della Ragione rimodellato in 11 ambienti dall’architetto Federico Fedel per creare un museo a tutti gli effetti, in partnership con Marsilio Arte e con la direzione artistica di Mario Codognato, uomo del primo contatto tra le due realtà insieme a Toto Bergamo Rossi. Insieme nasce un’operazione di crowdfunding per coinvolgere i principali imprenditori del territorio in un sostegno che aiuterà a creare esposizioni temporanee e altre iniziative. Sabato 29 l’inaugurazione al pubblico di un percorso storico sorprendente. C’è, ancora una volta, l’America, in sintesi. E in attesa che la Storia decida sia scaduto il quarto d’ora in cui chiunque, diceva Wharol (anche se la frase in origine era di un fotografo), può essere famoso.